Riceviamo e pubblichiamo la quarta parte dell’analisi su alcuni aspetti della legge 107 di riforma della scuola realizzata dal nostro lettore, Enrico Maranzana. In basso i link alle altre tre parti:
Un’insegnante, commentando un articolo sulla figura del docente esperto e in particolare l’asserzione “La trasmissione delle conoscenze non è il traguardo della scuola contemporanea. Essa è orientata alla promozione di competenze” sentenziava: ”Non esistono competenze senza conoscenze: smettiamola di fare danni!”.
Una contestazione che sintetizza un paradosso: a scuola si certificano le competenze senza conoscerne il significato.
La fissità, l’incapacità di abbandonare il proprio punto di vista, il rifiuto di valutare le innovazioni, l’insicurezza derivante dall’abbandono della tradizione sono all’origine di una contrapposizione che sterilizza i fermenti del necessario cambiamento.
Razionalità esige che ogni scuola ricerchi una propria, condivisa definizione di competenza.
Tra queste si propone:
Le competenze, entità non primitive, sono i comportamenti che esibiscono le persone che affrontano un compito.
Le sue componenti elementari sono
a) “le conoscenze” che costituiscono l’ambito operativo;
b) “le capacità e le abilità”, qualità individuali, percepibili attraverso l’osservazione dei percorsi risolutivi.
Una definizione che mette in risalto l’inconsistenza, l’infondatezza e il disorientamento di “smettiamola di fare danni!”.
Una definizione che illumina il campo del problema e che evidenzia la contrapposizione tra due modelli di scuola. Uno con cardine il sapere disciplinare, l’altro teso alla promozione e al consolidamento delle qualità dei giovani con l’utilizzo strumentale delle discipline, la cui acquisizione avverrà specularmente.
Ne derivano due strutture organizzative. La prima avente a fondamento l’attività dei singoli docenti, la seconda collegiale: tutti gli insegnamenti sono coordinati per convergere verso i condivisi obiettivi formativi e verso gli obiettivi educativi derivanti.
Ne scaturiscono due strutture decisionali con metodologie di sviluppo contrapposte. Il primo di natura bottom_up: la strategia risolutiva è insita nei dati del problema e affiora spontaneamente; il secondo muove, procedendo per successive approssimazioni, dal risultato atteso ai dati [Top-down].
Ne discendono due configurazioni datate. La prima risalente alla metà del secolo scorso, la seconda introdotta dai decreti delegati del 1974 e rinforzata dal DPR sull’autonomia scolastica del 1999 che “si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana”.
Si concretizzi la norma prendendo come esempio due competenze generali elencate nella legge 107 [aspetto formativo]:
a) valorizzazione e potenziamento delle competenze linguistiche, con particolare riferimento all’italiano;
b) potenziamento delle competenze matematico-logiche e scientifiche.
Non esistono insegnamenti che possono prescindere dalle competenze comunicative e dalla razionalità.
Una scuola scientificamente governata deve individuare le capacità e le abilità sottese alle competenze generali, formulare e controllare ipotesi di lavoro [aspetto educativo], prefigurare piani per la convergenza di tutti gli insegnamenti verso i comuni e condivisi traguardi [aspetto concernente l’istruzione].
L’insegnamento chiude il percorso progettuale. I docenti ideano, eventualmente come membri dei dipartimenti disciplinari, gestiscono “occasioni d’apprendimento” aventi una duplice finalità: concretizzare quanto deliberato dagli organismi collegiali, trasmettere una corretta immagine della propria disciplina [competenze specifiche].
I decreti del 1974 avevano individuato e costituito soggetti cui affidare le corrispondenti responsabilità.
Questo è lo scenario in cui si colloca la legge di riforma 107/2015 che, fatto proprio lo slogan “smettiamola di fare danni”, rade al suolo la collegialità, abbatte la corrispondente struttura organizzativa, abroga tacitamente l’art. 1 del Dpr 275/99 sull’autonomia scolastica, sopra trascritto.
La relazione di presentazione del disegno di legge “La buona scuola” non lascia spazio a interpretazioni: “La riforma degli organi di governo della scuola, istituiti con decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 416, si pone come esigenza indifferibile .. pertanto, procedere a un complessivo rinnovamento della governance della scuola, in coerenza con il processo di realizzazione dell’autonomia, avviato con l’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 “.
N.B. La legge 59/97 è una delega al governo, estinta dalla promulgazione del corrispondente decreto [CFR in rete: “L’inoppugnabile dimostrazione dell’incostituzionalità della legge n. 107/2015”]
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