Su che cosa si basa una “buona scuola”?
Sull’assunzione sconsiderata di docenti sballottati nelle più disparate zone d’Italia?! Sui mancati trasferimenti di docenti che da anni sperano di avvicinarsi a casa e di ricevere il miracolo di riuscire ad invecchiare accanto ai propri cari?! Sui “premi” per gli insegnanti “meritevoli”?! Sull’onore e sull’onere della chiamata diretta?! Sulla formazione continua a tutti i “costi” del personale docente?!
Assolutamente NO. E i fatti lo dimostrano.
Eppure, per me, la risposta è così semplice…
Penso che una buona scuola sia quella fatta da INSEGNANTI FELICI. Su queste basi si costruisce tutto il resto.
Chi è un insegnante felice?
Un insegnante felice è colui che sa già che a settembre potrà riabbracciare gli alunni che ha lasciato a giugno.
È colui che non si cura di chi lo accusa di lavorare poche ore e di godere di tre, quattro mesi di ferie, perché in cuor suo sa che il suo lavoro, anzi la sua missione, è parte integrante della sua vita quotidiana.
È colui che vive i suoi 32 giorni di ferie senza l’ansia di sapere dove insegnerà l’anno successivo.
È colui che sa che, ogni giorno, potrà condividere il pranzo e la cena con la propria famiglia.
È colui che ha instaurato rapporti così profondi con i colleghi da ritenerli la sua seconda famiglia.
È colui che, in casa, tiene un cassetto solo per conservare le letterine e i disegni dei suoi adorati alunni, che gli chiedono disperatamente di non abbandonarli nei successivi anni scolastici.
È colui che vede crescere i propri alunni, ma anche i propri figli.
È colui che, reinventandosi giorno dopo giorno, dona le sue conoscenze e le sue competenze ai suoi alunni, lavorando anche oltre il proprio orario di servizio, senza aspettarsi nulla in cambio.
È colui che considera i visi sorridenti e riconoscenti dei suoi alunni l’unico “bonus di merito” dotato di senso.
A questo punto, la domanda è: quanti sono in Italia gli insegnanti felici?!