Fino a qualche anno fa mandare fuori dalla classe un alunno, era una pratica comune, oggi solo in qualche scuola superiore di secondo grado ci sono ancora insegnanti che lo fanno. Ma la pratica di queste dinamiche anti didattiche non è consentita dalla normativa scolastica.
Ci sono due motivi che impediscono al docente di mandare un alunno indisciplinato fuori dalla classe: uno didattico/educativo e l’altro strettamente legale.
Il motivo didattico/educativo fonda le proprie radici sul fatto che all’insegnante viene affidato lo studente, e pertanto il docente ha il dovere di prendersi cura della sua educazione, della sua preparazione e della sua sicurezza.
Infatti, nel caso in cui si mandi fuori un alunno dalla classe, durante tutto il periodo della sua forzata assenza non gli si può insegnare nulla, ledendo il suo diritto di studio e, soprattutto, non è possibile svolgere la dovuta sorveglianza.
In altre parole l’obbligo di vigilanza è fra i principali doveri del docente, che non deve mai lasciare soli gli alunni, per non incorrere nella “culpa in vigilando”.
Infatti, se un alunno si fa male, il docente che avrebbe dovuto vigilare ha responsabilità penali, civili, amministrativo-patrimoniali e disciplinari, ed è costretto a dimostrare che aveva messo in atto tutto quello che era necessario per evitare l’incidente, ma che non aveva potuto impedirlo. Si ricorda che per “culpa in vigilando” si intende letteralmente “colpa nella vigilanza” come da traduzione dal latino da cui deriva il termine, viene utilizzata per descrivere la responsabilità di un fatto illecito accaduto ed avviene attribuito ai soggetti obbligati alla sorveglianza di particolari persone che non possono o vengono ritenute non in grado di rendersi conto delle proprie azioni personali.