A dirlo Gianfranco De Simone, della Fondazione Giovanni Agnelli presentando, in Campidoglio, “Lost – Dispersione scolastica: il costo per la collettività e il ruolo di scuole e Terzo settore”.
In altri termini dunque circa due ragazzi su 10 (il 17,6% secondo l’Eurostat, ma 23,8, per l’Istat che utilizza parametri diversi per l’intervallo di età e di valutazione dei percorsi scolastici alternativi, regionali e tecnici) abbandonano gli studi prima della conclusione del percorso che li potrebbe portare ad un titolo di studio. Siamo in fondo alla classifica europea, anche se di recente c’è un trend positivo (6 punti percentuali d’inversione negli ultimi 10 anni). La media europea è lontana, all’11,9%. E gli obiettivi dell’Agenda di Lisbona (la ormai nota 20/20/20) hanno stabilito che per il 2020 – appunto – dovremmo scendere al di sotto del 10.
“Nel nostro paese, inoltre, a differenza degli altri stati dell’Unione, coloro che frequentano corsi regionali di istruzione professionale sono conteggiati come quelli che raggiungono un’Istruzione secondaria, anche se il loro percorso scolastico è molto più breve e non permette di accedere all’Università. Se si tiene conto di questo, sale al 28-30% la percentuale di coloro tra i 18 e i 23 anni che non conseguono una maturità vera e propria. Ossia oltre 900 mila persone“, dice ancora De Simone.
La ricerca presentata a Roma ha evidenziato su tutti quanto costa questo fenomeno al nostro Paese e queste cifre comportano in capitale umano nazionale una perdita per il Paese che può andare dall’1 al 5% in meno di reddito a seconda delle ipotesi poste a base di calcolo.
“Ne consegue che l’azzeramento della dispersione scolastica – si legge a pagina 9 del rapporto – potrebbe avere un impatto sul Pil compreso in una forbice che va da un minimo dell’1,4% ad un massimo del 6,8%”.
La ricerca rende conto di 364 progetti sviluppati da 248 scuole e 229 enti della società civile (di cui un terzo localizzati a Milano). Sono quelle e quelli che hanno risposto al questionario. Quindi è una stima parziale. Ma che già dà un’idea dell’enorme lavoro che si fa, per la maggior parte finalizzato all’integrazione curricolare per il contrasto al basso rendimento scolastico, ad attività ludico-laboratoriali per migliorare il clima scolastico, per azioni di sostegno, di gruppo e anche singoli, l’uso delle nuove tecnologie e per azioni di coinvolgimento delle famiglie.
Da fare rilevare la scarsa collaborazione fra scuole ed enti: spesso si guardano con sospetto o peggio con reciproca delegittimazione e la poca attitudine degli enti a strutturare con precisione standard di rilevazione dell’impatto dei propri percorsi di accompagnamento e di sostegno contro la dispersione scolastica.
Secondo l’esperto della Fondazione Agnelli: “Il terzo settore mobilita fino a 60 milioni di euro annualmente per contrastare la dispersione scolastica, almeno 400 euro a studente, e anche le scuole fanno molto in termini di progettualità. Ma scuola e terzo settore non sono abbastanza in rete, serve che il pubblico crei il ponte per collaborare effettivamente. Nell’area metropolitana di Roma la collaborazione tra scuola e terzo settore appare comunque più avviata”.
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