Un investimento di un miliardo consentirà ai prof francesi di arrivare a una media di 3.900 euro lordi al mese. E in Italia? Oltre a essere fermi dal 2009, la media è di 1.500 euro al mese. La denuncia è di Anief che aggiunge: si tagliano i fondi per adeguare gli stipendi, fermi dal 2009, al costo della vita e per diversi anni si blocca pure la progressione di carriera (tanto che nel DEF 2016 l’indicizzazione dell’indennità di vacanza contrattuale viene bloccata almeno sino al 2018 e forse anche fino al 2021), salvo poi mettere nel piatto delle briciole frutto di ulteriori risparmi e tagli che dovrebbero premiare solo alcuni dimenticando il lavoro di tutti.
“L’aumento annuo medio in busta paga per ogni insegnante francese sarà di circa 1.400 euro lordi”, una cifra vicina a quanto dovrebbe essere assegnato ai docenti in Italia, se solo si allineassero gli stipendi alla metà degli aumenti dell’inflazione cresciuti negli ultimi otto anni, a fronte di 17 euro stanziati dal Governo per tre milioni di dipendenti pubblici.
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È bene sapere, scrive Anief, che “un docente in Francia percepisce, in media, uno stipendio di 3.600 euro lordi mensili e che, attraverso la nuova riforma, la retribuzione potrebbe tranquillamente arrivare sino ai 3.900 euro lordi”. Se a questo sommiamo il fatto che “in Francia non esiste la ritenuta alla fonte”, possiamo renderci conto del divario rispetto al nostro Paese: “certamente, si tratta di numeri che non fanno altro che evidenziare l’umiliazione dei docenti italiani, il cui stipendio è congelato da anni in seguito al prolungarsi del blocco del rinnovo contrattuale: nemmeno un preside a fine carriera, qui in Italia, riesce a raggiungere cifre di questo genere”.
“La stessa riforma della Buona Scuola – continua Anief-, che ha introdotto il merito e il comitato di valutazione, è l’emblema di questa logica: devota ancora una volta al risparmio sulle spalle dell’istruzione pubblica, il Governo vuole far sembrare tale operazione un investimento a favore dei lavoratori. Solo che andrà a penalizzare otto docenti su dieci, che dopo i mancati aumenti e la cancellazione dell’indennità che doveva garantire loro almeno l’adeguamento al costo della vita, vengono privati anche dei fondi destinati al personale che svolge attività extra rispetto alla didattica curricolare. Ovvero il 99 per cento di chi insegna oggi”.