Categorie: Politica scolastica

Quattro anni di superiori in Italia e in Europa: analisi tecnica e non solo politica

Per analizzare l’iniziativa di ridurre la durata dei licei a quattro anni e riflettere sulla bontà o meno di essa, sarebbe opportuno guardarsi intorno e comprendere qual è il quadro europeo di riferimento.

Messa da parte la circostanza che non sempre “scimmiottare” le riforme di altri paesi come è avvenuto con la 107 porta a buoni risultati, in questo caso avere una pietra di paragone diventa indispensabile se si considera che l’istruzione non è solo fine a se stessa ma rappresenta il ponte per l’ingresso nel mercato del lavoro che non è più quello di 20 anni fa.

Senza nulla togliere ai Ministri che si sono succeduti dopo il Governo Monti, l’antesignano di questa iniziativa è stato Francesco Profumo che ha il merito (forse per qualche sindacato che ci ha ripensato il demerito) di avere inserito nel suo atto di indirizzo quello di ridurre di un anno il percorso scolastico.

Non riuscì a realizzare il progetto, verosimilmente per il poco tempo di durata dell’esecutivo Monti, ma se guardiamo i risultati realizzati in concreto da quell’amministrazione retta da un tecnico che si muoveva in mezzo ai tagli dell’epoca e non contava sui finanziamenti ottenuti adesso dalla buona scuola, probabilmente un’aspettativa positiva in più da ciò che aveva programmato dovremmo averla.

Si pensi all’innovazione tecnologica di cui adesso la scuola italiana si beneficia: le iscrizioni online e il plico telematico per le tracce di maturità, per dirne alcune.

Ed allora se adesso le idee di un tecnico sono condivise e promosse da un ministro dalle caratteristiche completamente diverse, la Fedeli è una politica vicina al sindacato, le considerazioni che si devono fare sull’opportunità o meno della sperimentazione del liceo a quattro anni non possono e non devono limitarsi ad essere di natura politica.

Cosa succede dunque negli altri Paesi d’Europa? La risposta meriterebbe molto spazio anche perché cicli e gradi di istruzione sono molto variegati in Europa ma una linea di tendenza è possibile individuarla. Per agevolarci il compito facciamo riferimento alla classificazione internazionale ISCED (International Standard Classification of Education) ovvero uno standard creato dall’UNESCO come sistema internazionale di classificazione dei corsi di studio e dei relativi titoli.

In esso si riscontrano 6 livelli: dall’infanzia ai ricercatori. Recentemente una revisione ne ha individuato 9 senza incidere in quello di nostro interesse, ovvero  il terzo: (Upper) secondary education che corrisponde alla nostra scuola secondaria.

Ebbene se andiamo ad analizzare, molti paesi estendono il livello precedente a quello della scuola secondaria di secondo grado, la cd “lower secondary”, ovvero la nostra scuola media triennale fino spesso ai 16 anni che coincide con l’obbligo scolastico e riducono invece quello della Upper secondary education.

Accade in Francia dove agli studenti sono riservati tre anni di studio al licée o nell’area tecnologica o professionale, accade in Spagna dove il bachilerato (conoscenze generali) dura due anni e più in generale in diversi paesi dell’est Europa in cui il secondo ciclo si conclude a 17 anni.

In Germania invece il sistema d’istruzione è più complesso e con tante opzioni con il ciclo superiore di studi che inizia a 16 anni e si conclude a 18 o 19 (Gymnasiale Oberstufe ad es. dopo il Gymnasium).

In ogni modo la linea di tendenza sembra spingere ad un ciclo di studi delle scuole superiori inferiore a 5 anni.

Forse un giorno si arriverà perché ciò lo permetterebbe se dovesse passare a regime la scuola superiore della durata di quattro anni, anche ad una rivisitazione della scuola secondaria di primo grado che è un anello debole del nostro sistema d’istruzione, magari allungandola di un anno, portando la scuola superiore a tre anni cosicchè un completo ciclo di studi si chiuderebbe per ogni studente in media all’età di 17/18 anni.

Fabio Guarna

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