Quattro sintomi per la diagnosi del male della scuola

Gli scritti pubblicati nel periodo 9-11 marzo da un noto sito internet sono carichi di significato. Gli autori, portatori degli interessi di settori diversi, formulano proposte che hanno un tratto unificante: l’elusione dei vincoli posti dal sistema delle regole scolastiche. Sono carichi di significato in quanto infrangono un principio base del trattamento di problemi complessi, categoria d’appartenenza di quelli educativi: il procedere per raffinamenti successivi. Le decisioni assunte ai diversi livelli di responsabilità devono essere conformi a quanto elaborato negli ambiti sovraordinati. E’ carico di significato anche il fatto che i miei commenti, inizialmente pubblicati dal giornale, sono stati rimossi nel momento in cui le osservazioni critiche hanno coinvolto un ente che gravita nell’area ideologica de ilsussidiario.net. 

Gianni Zen [8/3 – Scuola & Renzi – Bene rifare i muri ma non dimentichiamo le persone in carne e ossa] propone il punto di vista dei dirigenti scolastici. Trascrivo il commento che ho trasmesso: “I sistemi complessi non si possono governare dal centro ..” è il principio su cui è stato concepito il DPR sull’autonomia scolastica, un postulato disatteso, un assunto occultato da chi continua a vagheggiare di ipotetici riordini. E’ sufficiente aprire un POF per constatare come “la progettazione educativa, sostanza dell’autonomia” non abbia intaccato il secolare tran-tran gestionale. [In rete “L’autonomia scolastica, un’araba fenice” indica quali sarebbero i caratteri della vita scolastica se la legge non fosse stata sistematicamente elusa]. 
E’ sufficiente leggere il paragrafo valutazione per accertare come il sistema scolastico non sia orientato allo “sviluppo delle capacità e delle competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche”, ma rimanga saldamente ancorato alle discipline, privilegiando quelle “di base”. Una criticità devastante: come si può governare una scuola se il feed-back (capitalizzazione degli scostamenti risultati attesi-esiti) non è praticabile per la mancata definizione degli obiettivi? All’origine di tale anomalia sono da collocare i dirigenti scolastici che rigettano il principio di distinzione fra le funzioni di governo e quelle della dirigenza [in rete “Quale formazione per i dirigenti scolastici?”] e ripropongono organigrammi piatti, con a cardine la loro persona, indifferenti al fatto che l’abbattimento della complessità formativa/educativa implica l’incrocio delle responsabilità”. 

Antonio Cocozza [9/3 – E se pensassimo a un nuovo Testo Unico?] coordinatore dell’Osservatorio sulla scuola dell’autonomia mostra quanto vede dalla sua piattaforma. Di seguito riporto la mia risposta: “E’ sorprendente il fatto che il problema scuola non trovi puntuale definizione: le ipotesi di intervento sono formulate avendo a fondamento la gestione scolastica corrente, la scuola in atto. Una scelta scriteriata. Presumere che la cause prima del fallimento delle innovazioni introdotte dal legislatore derivi dalle idee che le hanno generate ha un unico significato: occultare le barricate erette per evitare cambiamenti. Se si riflettesse sul fatto che l’istituzione è stata ribattezzata sistema educativo di istruzione e di formazione per affermare unitarietà, finalizzazione, interdipendenza sinergica dei processi, essenzialità del controllo .. si illuminerebbero le zone d’ombra in cui si annidano i responsabili del disservizio. Un solo esempio è sufficiente per far emergere la superficialità dell’ordinario procedere: l’on. S. Giannini ha presentato un disegno di legge sulla governance [DDL 933]. Un intervento elaborato per il limite dei decreti delegati del 74 derivante dal “carattere assembleare e quasi sempre non all’altezza degli organi collegiali, a partire dalle assemblee studentesche e dai consigli di classe e di istituto, di fatto esautorati dall’eccessivo formalismo centralistico”. Una visione figlia dal sentire comune, che non deriva dall’analisi del testo della legge i cui fondamenti sono la dottrina scientifica e la cultura moderna che, nel concetto di sistema, trova l’architrave” 

Claudio Gentili [10/3 – Perché il corriere difende gli interessi corporativi?] illustra la visione confindustriale di cui dirige il settore education. Ecco la mia riflessione critica: “Si può impedire ai nostri figli di avere insegnanti e presidi giovani e preparati” è una domanda fuorviante, una questione che banalizza il problema scuola. I nodi da sciogliere sono ben altri. Perché nelle scuole non ci sono mansionari? Eppure non esiste complesso organizzato che non espliciti l’oggetto del mandato conferito ai lavoratori e che non consideri la valutazione come stato conclusivo di un processo progettuale che soppesa lo scostamento tra gli obiettivi programmati e i risultati conseguiti. Non esiste complesso organizzato che non abbia definito la propria struttura decisionale ricorrendo ai dettami delle scienze dell’amministrazione: la scuola vive nel passato, abbarbicata all’obsoleto, inadeguato e inefficace modello gerarchico-lineare che la legge, inascoltata, ha abbandonato da decenni. Anche l’auspicato dimagrimento di viale Trastevere occulta lo stato delle cose. Se si fosse aperto un Pof, casualmente scelto, si sarebbe constatato che l’inefficacia delle norme sull’autonomia delle istituzioni scolastiche ha una precisa e manifesta origine. “La progettazione educativa, formativa e dell’istruzione, sostanza dell’autonomia delle istituzioni scolastiche”, non è praticata. Il medico competente osserva i sintomi delle malattie e li interpreta riportandoli all’interno d’una struttura concettuale scientificamente definita”:

Fabrizio Foschi [11/3 – Ministro, la formazione dei prof funziona meglio senza centralismo] Presidente nazionale dell’associazione Diesse, operante nel campo della didattica, dell’innovazione scolastica e della formazione dei docenti, invia alcuni suggerimenti al ministro Giannini. Il mio commento è stato:”Tutti parlano di scuola .. ma a ruota libera: lo scritto di F.Foschi, come quelli apparsi su questo foglio nei tre giorni precedenti, si sviluppa al di fuori sia del campo definito dalla legge sia della cultura del mondo contemporaneo. Gli indirizzi di cambiamento auspicati sono assurdi: decentramento e facoltà di compiere scelte, sono i caratteri salienti della normativa vigente. La proposta oggi formulata sulla formazione dei docenti non ha come riferimento la struttura operativa dell’istituzione scuola. La legge ha definito la professionalità dell’insegnante e l’ha caratterizzata con le competenze relative alla progettazione formativa, alla progettazione educativa, alla progettazione dell’istruzione, alla progettazione dell’insegnamento, itinerari che gli accademici non hanno mai percorso.”

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