Quei fantasmi che si agitano dietro la “malascuola”

Fior fiore di giuristi hanno denunciato la palese incostituzionalità e opacità di una legge approvata a suon di forzature come la ‘malascuola’ di Renzi: dal martellamento pubblicitario alla consultazione-flop, alla fiducia forzata in Parlamento, al ricatto sulla stabilizzazione dei precari. A nulla sono valsi gli appelli di comitati, coordinamenti democratici, intellettuali, ecc.

Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini: figlio del “serpentone metamorfico” ormai indiscernibile dal Caimano, questo mostro giuridico sembra inserirsi in un disegno complessivo di attacco concentrico alla Costituzione che, rieditando il progetto reazionario di Berlusconi (“risuscitato” dal “Nazareno”), sembra riportarci ai fantasmi più inquietanti del passato: alle manovre oscure del programma P2 e perfino a quel Ventennio in cui la chiamata diretta era la norma.

Ma cosa si nasconde effettivamente dietro questa ignominiosa legge? Pare non sia più un mistero: è venuto infatti allo scoperto l’interesse di lobby affaristiche come l’Associazione “TreeLLLe”, la cui ‘filosofia’ neoliberistica non è certo ideologicamente neutrale. Ora, una scuola che dipende dai finanziamenti, dai ricatti del capitale privato e da indegni premietti, non può che generare disparità, riduzione dei diritti, mancanza di libertà, e quindi un clima di permamente conflitto e agitazione.

È esattamente quanto si verificherà inevitabilmente a partire dal prossimo “autunno caldo”. La classe degli insegnanti, già defraudata da un contratto bloccato (dal 2008) e congelato (fino al 2020!), è stata veramente “messa al centro” da Renzi, ma per meglio bersagliarla e precarizzarla come mai era accaduto prima in tutta la storia della Repubblica.

Siamo così passati di colpo dalla scuola costituzionale e di Stato a una scuola regionalizzata e in balia di finanziatori esterni, che verranno ricompensati per la loro “generosità disinteressata” con un perverso meccanismo di detrazioni fiscali. Soprattutto non si era mai visto prima che l’indirizzo didattico di una scuola, l’assunzione, la valutazione e quindi i destini personali e professionali degli insegnanti dipendessero quasi interamente dallo strapotere di un’unica figura: quella dei presidi-manager.

Che fine farà la libertà d’insegnamento garantita dalla nostra Costituzione? E quale destino avranno le altre garanzie costituzionali che sanciscono il principio di eguaglianza, il diritto allo studio dei giovani e la parità di trattamento degli statali a livello nazionale? L’unico imperativo che si impone ormai sfacciatamente è quello del profitto.

È evidente poi il progetto (subdolamente nascosto dietro una serie di parole equivoche come: autonomia, merito, ecc.) di trasformare la scuola in un’azienda di “avviamento” al mercato del lavoro. Lo status dell’insegnante viene così declassato a quello di un impiegato-commesso viaggiatore da ‘utilizzare’ in funzione di un sistema improntato a concorrenza, produttività, selezione e dominato appunto dall’unico principio del profitto. Con questa come con altre riforme falcia-diritti (che investono il mondo del lavoro e le stesse istituzioni), si realizza – sotto false insegne – non solo un programma di destra, ma un progetto già insinuatosi nelle nostre istituzioni negli anni della crisi come un cavallo di Troia e della “Troika”.

Nello scenario di un mondo in cui tutto si decide sub specie oeconomiae e di fronte ai diktat del Minotauro eurotedesco che impone ‘riforme’ in cambio di mance agli stati non più sovrani, dovremmo allora tornare a riflettere sulle parole di Shakespeare: “se vogliamo vivere dignitosamente, dobbiamo camminare sulla testa dei re”.

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