Il classico: un Cippo miliare, un Ceppo genealogico: malgrado diavoli e versiere continua ad essere oggi l’Avventura del futuro. Invacchiti ed invaghiti dai fenomeni virali, come per Cecco e Cippo, sorridiamo quotidianamente al Lògos del Web in una conoscenza diacronica impoverita. Per non parlare che nello scimmiottamento di un parler le français comme une vache espagnole scorre un lessico europeo da vero zoo. In-somma, la somma delle aspettative impone, ora più di allora, un ordine di addendi da distribuire meglio per una sana e consapevole sapienza: e Shakespeare ne fa da testimonial, come Latin lover, in un amore tutto suo per tutta la latinità come antidoto alla banalità.
I suoi drammi ne fanno uno spot di denuncia in un mondo de-spot-a di contemporaneità irretita: Honorificabilitudinitatibus è il suo hapax legomenon, e tra l’altro è anche la più lunga parola presente nella lingua inglese a contenere consonanti alternate a vocali. Un sostantivo post-ciceroniano da Guinness dei primati che fa da resistenza ad ogni contingenza del terzo millennio. Tú sí que vales, o lingua eterna, nel simbolo matematico dell’∞. C’è poco da controbattere, dipoi: noi navighiamo parallelamente in un’altra rete, quella della tradizione (che spesso tradiamo e tediamo), e che, volente o nolente, impregna la vita materiale ed immateriale di ogni popolo; non c’è brexit linguistica, poiché storicamente siamo un’unica Comunità indeuropea in un Dna che è uno per tutti.
Lingua, monumenti e musei non sono, rispettivamente, fossili cimiteriali, inerzia petrale e collecta di dimenticanze, ma punte di un iceberg immenso, che tarda a sciogliersi . Una forza titanica, quindi, che non colerà mai a picco come il RMS Titanic, finché esisteranno l’arte consapevole del ricordo o magari un altro Zucca o Zuccone che bussa alle porte della coscienza dicendoci: Dolcetto o scherzetto!
Ma solo nel gusto ludico di un’eredità intramontabile che è giubilo di Alleluia e non messa da Requiem: firmato di proprio pugno anche da chi ha traslato la favola tragica di Ovidio nella sublime tragedia di Romeo e Giulietta: W. S.
Francesco Polopoli