A seguito dei “provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista” di colpo insegnanti e alunni si trovarono estromessi dalla vita scolastica. A Roma, per i bambini delle elementari, c’erano due possibilità: confluire nella scuola ebraica di lungotevere Sanzio, già attiva dal 1925, oppure frequentare le poche scuole che aprirono i battenti agli ebrei nelle ore pomeridiane, con classi speciali a loro riservate.
Ancora più grave era la situazione per le medie inferiori e superiori, che non avevano più alcuna possibilità di studiare nelle scuole pubbliche. Sotto la guida del rabbino capo David Prato, si attivò rapidamente un comitato di padri di famiglia che in poco più di un mese trovò in affitto la sede per creare una scuola in grado di ospitare gli studenti: la palazzina di via Celimontana fu presa in affitto grazie ai fondi raccolti attraverso tasse scolastiche e offerte volontarie. La scuola riuscì a ottenere dall’Ente nazionale istruzione media (Enim) la nomina di un preside ariano, Nicola Cimmino che ufficialmente avrebbe dovuto sorvegliare studenti e professori e che si prestò all’operazione per permettere l’apertura della scuola.
Il 23 novembre del 1938 la scuola ebraica potè aprire i battenti con quattro differenti istituti: ginnasio-liceo, magistrali, istituto tecnico e avviamento commerciale, per un totale di 411 studenti suddivisi in 29 classi. La struttura fu attiva per due anni scolastici, poi gli istituti si trasferirono in altre sedi. Oggi, dopo 70 anni, lo Stato ha voluto ricordare quanto quella particolare sede scolastica fosse stata importante per la comunità ebraica romana e, simbolicamente, per quella nazionale.
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