Si tratta di una vera e propria discriminazione perpetrata nei confronti di 3500 (ma forse di più a giudicare dai numeri dell’Inps) lavoratori della scuola che sono per lo più insegnanti, che sono stati bloccati in servizio, nonostante il raggiungimento, nell’anno 2011, della fatidica quota 96, dall’entrata in vigore della riforma sulle pensioni, nota come riforma Fornero. Bisogna dire che in tutte le altre pubbliche amministrazioni, i quota 96 hanno potuto pensionarsi utilizzando finestre d’uscita convenienti, mentre il personale scolastico che aveva raggiunto i requisiti di quota 96, per il fatto che nella scuola non esistono varie finestre ma la finestra d’uscita è unica, è rimasto imbrigliato ed obbligato a prolungare per diversi anni il servizio, a causa dell’immediata esecutività della legge Fornero, promulgata prima del 31 agosto 2011. A nessuno è sfuggita la discriminazione della legge, che penalizza la categoria della scuola, adesso si chiede un atto riparatorio da parte della politica, prima che arrivi, come appare scontato, l’onda delle sentenze dei tribunali. Dalla commissione Cultura della Camera dei deputati, sono arrivate le prime proposte, fatte da Maria Marzana M5S e da Manuela Ghizzoni del PD secondo cui è necessario correggere la tempistica dell’andata in pensione ovvero anticiparla al 31 agosto 2012, visto che l’anno di riferimento della scuola non è l’anno solare ma, appunto, quello scolastico. L’on. Ghizzoni sottolinea che agevolare il diritto acquisito dei quota 96 si unirebbe al vantaggio di incrementare i posti per le immissioni di docenti sia da concorso che dalle graduatorie ad esaurimento. La politica deve fare in fretta a risolvere il problema quota 96, in quanto si registrano già delle sentenze favorevoli a questi ultimi, come ad esempio un’ordinanza favorevole di un giudice del lavoro di Roma e quella di una sentenza contraria di primo grado della Corte dei conti della Sardegna. Si attende quanto prima un emendamento ad hoc risolutivo della spiacevole vicenda dei quota 96 della scuola, eventualmente da inserire nella conversione in legge del decreto del fare, in modo tale da evitare lo tsunami delle sentenze, che dimostrerebbero ancora una volta la lentezza e l’incapacità della politica a risolvere i problemi concreti dei lavoratori della scuola.
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