Da alcuni anni stiamo assistendo nella scuola ad un irreversibile processo di un ritorno degli studenti ad essere “eterni bambini”, a non mostrare quella maturità e quel pensiero critico tipico di chi cresce. Purtroppo questa condizione è particolarmente evidente nella scuola secondaria di primo grado (ossia la scuola media) dettata, peraltro oltre che dall’eccessiva presenza di un corpo docente composto per la stragrande maggioranza di donne (e quindi di insegnanti mamme) a discapito di una minima percentuale di insegnanti maschi.
Questa sperequazione, tuttavia non si conviene molto nelle fasi del processo evolutivo dello studente che vede soltanto la presenza della donna dietro la cattedra. Ovviamente le donne sono materne, generose, accondiscendenti alle richieste degli alunni e questi ultimi col passare degli anni restano come “eterni fanciulli”, poco responsabilizzati, abituati ad ottenere tutto, a vincere piuttosto che a perdere, ad avere valutazioni alte per farli felici e contenti. Infatti di fronte alle difficoltà che nella carriera scolastica si incontrano, questi “eterni fanciulli” si perdono, si annientano, mostrano segni di insofferenza, di apatia e, nei casi più gravi abbandonano la scuola.
Spesso assistiamo a situazioni in cui agli studenti vengono propinati esercizi sempre più semplici, più facili, più elementari per non turbarli e soprattutto non metterli in difficoltà. Non va bene! Gli studenti devono imparare che la vita non è tutta “rose e viole” e che le difficoltà devono essere in grado di superarle con le loro stesse gambe non chiedendo aiuto e soccorso in ogni momento e abbandonarsi allo sconforto. Le vecchie generazioni si sono formate avendo avuto accanto educatori che hanno fatto capire il senso della vita, dell’impegno, del sacrificio, della fatica, della vittoria e della sconfitta.
Oggi invece assistiamo ad una regressione, ad un rifugiarsi nel grembo materno, luogo in cui trovare ogni forma di protezione di fronte alle difficoltà del mondo. Gli studenti maturano e si formano con prove impegnative, non andando ad elementarizzare tutto, rendendo tutto più semplice, più facile, come se la difficoltà fosse un “brutto orco”, un diavolo da annientare e distruggere.
Quindi le insegnanti abituino i loro studenti nell’età adolescenziale a prepararli alla vita attraverso un maggiore senso di responsabilità, con prove sempre più impegnative e a non ricorrere ad espedienti di rendere sempre più facile e semplice l’operato degli alunni. Certo il “mammismo” imperante non aiuta, anzi spesso si mostra molto deleterio e dannoso per la sana formazione dei nostri studenti. Insegniamo loro a farli diventare “teste pensanti e non cocci vuoti di bottiglia”.
Mario Bocola