Scrivere senza usare la punteggiatura è come guidare senza segnaletica e in una strada accidentata: Leonardo G. Luccone, ”Questione di virgole. Punteggiare rapido e accorto”, Laterza, affronta uno degli argomenti più delicati, e talvolta più ostici, dentro i quali si affannano i docenti per rendere edotti gli alunni che un tema non si può redigere senza mettere nel periodo quei segnali, piccoli, ma così indispensabili, per dare respiro alla frase, consentire pause, intonazioni, coloritura al discorso.
La profezia dell’oracolo senza la virgola
Ma anche significato logico regalano, se adeguatamente posizionati. Ben nota la profezia dell’oracolo: ibis redibis non morieris in bello. Spostando la virgola prima o dopo il “non”, il significato è capovolto: andrai ritornerai, “non” morirai in guerra; ma può diventare pure: andrai, “non” ritornerai, morirai in guerra. Bella soddisfazione che, anche in questo caso esemplare, si è presa la virgola la quale, insieme ai suoi colleghi, “rappresenta il segno del comando”, come la sintassi il meccanismo per incatenare “il contenuto al pensiero” e l’ortografia la sua capacità di stare al mondo.
Battom nel Piramo e Tisbe
Un altro esempio deriva, dritto dritto, da Shakespeare, nel “Sogno di una notte di mezza estate”, quando Bottom e gli altri recitano, senza tenere conto della punteggiatura, la storia di Piramo e Tisbe. Tuttavia, se la punteggiatura, nel periodare della lingua tedesca, ha funzione grammaticale, in italiano ha soprattutto funzione stilistica, ma ciò non toglie che senza di essa si rischiano incidenti notevoli nella comprensione del testo.
Sulla via del tramonto?
E non solo, sembra pure, conferma l’autore di questo stimolante libro, che la virgola e il punto fermo abbiano fagocitato il punto e virgola e i due punti, fomentando i catastrofisti, secondo i quali arriveremo a una scrittura telegrafica: forse una paura eccessiva, ma è bene non abbassare la guardia.
Per tali motivi, compresi le moltissime citazioni dai classici, presi ad esempio, della lingua italiana, il saggio di Luccone non è il solito manuale arido di regole, ma un testo agile e brillante, piacevolissimo e soprattutto pungolante di riflessioni, considerato pure che a conclusione di ogni capitolo si trova una puntuale scheda riassuntiva che toglie i dubbi residui. Una sfida insomma e un invito all’uso consapevole della interpunzione che, se amata, giammai tradirà, ma soprattutto non oserà mai travisare il pensiero scritto.