I lettori ci scrivono

QuorInTana, progetto di raccolta fondi degli studenti di Vasto

Da sempre le parole ci hanno fatto compagnia, ci hanno rialzato o sorretto o confortato, ci hanno restituito il senso delle cose.
In un momento in cui alle parole è affidato tutto quello che siamo,
quando non contano più gli sguardi, i sospiri, le pacche sulle spalle, gli abbracci, le parole si fanno prontamente carico di veicolare le nostre emozioni traducendole in atti.

Una sera come un’altra (sono tutte molto simili tra loro le serate di una quarantena) si è innescato un meccanismo un po’ speciale tra un’insegnante e la sua classe fatta di persone non di alunni, di
giorni vissuti, non di anni trascorsi.

Per quattro anni ci siamo visti tutti i giorni; tutti i giorni avevamo domande da porci che non per forza si esaudivano con risposte: più spesso creavano ulteriori domande.

Per tutti i giorni di questi anni le ragazze e i ragazzi di questa privilegiata unione sono diventati adulti consapevoli, hanno arricchito il proprio stare al mondo con uno spiccato senso critico, sono caduti, si sono rialzati, hanno fallito le loro aspettative, hanno scoperto nuovi orizzonti. Io ho fatto parte di tutto questo come la punteggiatura in una buona pagina di letteratura.

Ma torno a quella sera come un’altra del nostro lungo mese di marzo. Si cominciava ad accusare i colpi di una distanza forzata ed ecco la piccola follia di tentare un legame nuovo: “ci scriviamo tutte le sere una parola che racconti la giornata appena passata? Una per ciascuno. Una al giorno. Una sorta di memoriale, qualcosa come un conto alla rovescia delle emozioni. Ogni sera. Sarà un piccolo filo di Arianna che ci terrà uniti”.
Due soli minuti di silenzio e, ordinatamente, uno alla volta, ognuno ha digitato la propria parola, senza esitazione, qualcuno con ironia, qualcuno come una liberazione.
Di colpo le parole si sono mostrate per quello che erano, senza finzioni di sorta: contenitori ermetici con dentro un vulcano in eruzione. Sera dopo sera, qualcuno faceva partire la danza di lettere e le parole diventavano rimandi, simboli, luci soffuse, piccole flebili voci…ponti. Ho cominciato a raccogliere tutte queste sere di parole e, con i ragazzi abbiamo deciso di farne una testimonianza: vogliamo che diventino patrimonio di tutti, che siano in grado di curare l’assenza.

La campagna

Il problema. Il problema dello spazio non doveva coinvolgere anche il nostro tempo dilatato, meritava una soluzione e, in mancanza di un incontro reale, le parole possono permettere di restare legati, di annullare le distanze.
La soluzione. Le parole sono diventate la sostanza fisica del raccontarsi, il filo che unisce nella distanza; sono le parole a ricreare il contatto che abbiamo perduto. Le parole hanno un peso. Quel che è evidente è l’uso sproporzionato, spesso maldestro, delle parole. Chiunque si sente in diritto di parola senza pensare alle conseguenze, senza la paura di essere smentito perché anche la smentita non coincide più con la perdita di credibilità. Ma le parole hanno un peso e quando devi sceglierne una sola che sia in grado di racchiudere la tua giornata e farla esplodere in una sintesi di senso il peso diventa enorme; sei consapevole di non poterle sprecare, buttare lì a caso come nella compulsività a cui eravamo soggiogati.

Da una singola parola non si torna indietro. Ogni parola è un pezzo della nostra storia personale.
Less is more. I giorni in cui viviamo ci hanno costretto a ripensarci, a ridurre all’osso i nostri bisogni, a privilegiare la sostanza rispetto alla forma. Siamo tornati alla materia, all’essenza. Può una sola parola raccontare le ore, i minuti di una giornata fatta di affetti, di studio, di vuoti, di nuove illuminazioni? In una scala di priorità ricostruita ci si dirige verso l’essenza, al di là di ogni ridondanza. Una parola esplode di significato, ci veste di nuovi scenari.

Ad un passo dal sogno

Nasce QUORINTANA, la storia di cuori rintanati ai tempi della quarantena. I nostri puzzle di parole e di giorni verranno stampati su gadgets di diverso tipo, oggetti simbolo del nostro stare a casa. Parte, dunque un crowdfunding per la realizzazione dei gadgets e del depliant esplicativo. Il ricavato sarà devoluto interamente all’ospedale della nostra città, reparto Malattie infettive della dott.ssa MariaPina Sciotti.

I cercatori di parole

Sebastiano, Mattia, Alessio, Sara, Paolo, Antonio, Lorenzo, Lucrezia, Danila, Paolo (Cicca), Simone (Ciffo), Lina, Alex, Chiara, Francesco Paolo (Fraxo), Laura, Simone, Gaia, Laura, Mario, Daniel (Il Tascio), Antonio, Danilo, Veronica della classe V A CHIMICA dell’I.I.S. “E. Mattei” di Vasto (CH).

 

Laura Oliva, docente di Letteratura italiana, I.I.S. “E.Mattei”

I lettori ci scrivono

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