Personale

Quota 100, 74mila nella scuola con i requisiti. Le ultime notizie

Cresce l’attesa per Quota 100. Giovedì ci sarà l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del decreto legge concernente le disposizioni relative a interventi in materia pensionistica.

La Tecnica della Scuola, negli ultimi giorni, ha puntualmente aggiornato i lettori con le ultime indiscrezioni.

Se dovessero essere confermate le anticipazioni sui requisiti anagrafici e contributivi in deroga alla normativa vigente, secondo una stima di Italia Oggi in base ai dati disponbili sull’età anagrafica del personale, 52.000 i docenti e 22.000 gli Ata in servizio nel corrente anno scolastico con contratto a tempo indeterminato nelle scuole statali di ogni ordine e grado che, alla data del 31 dicembre 2019, potrebbero fare valere i requisiti richiesti per accedere a quota 100 (62 anni di età e 38 di contribuzione).

Dei 74mila solo un 10 per cento potrebbe fare valere i requisiti minimi (62 anni di età anagrafica e 38 anni di anzianità contributiva). Il restante 90 per cento risulterebbe avere una età anagrafica tra i 63 e i 66 anni ed una anzianità contributiva compresa tra i 38 e i 40/41 anni.

Ad entrambe le categorie di personale l’accesso alla pensione anticipata, previa apposita domanda, avrebbe decorrenza, contrariamente alle due finestre previste per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni, esclusivamente dal 1° settembre 2019 atteso che, nei confronti del personale della scuola, continueranno ad essere applicate le disposizioni di cui all’articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n.449.

Tre penalizzazioni

Il trattamento pensionistico non sarebbe cumulabile, a far data dal primo giorno di decorrenza dello stesso e fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale nel limite di complessivi 5 mila euro lordi annui;

La seconda penalizzazione, invece, riguarderebbe l’indennità di fine servizio, che verrebbe corrisposta a decorrere dal momento in cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla corresponsione della stessa, per vecchiaia o per dimissioni, secondo le disposizioni attualmente in vigore (dopo un anno dalla pensione di vecchiaia o dopo due anni da quella di anzianità, entrambe a rate annuali il cui numero è legato all’ammontare della buonuscita).

Una terza penalizzazione, peraltro già in vigore per le pensioni a qualunque titolo anticipate, riguarderebbe l’ammontare del trattamento pensionistico mensile rispetto all’ultima retribuzione spettante al momento della cessazione dal servizio.

Non solo quota 100

Ecco un quadro delle possibili opzioni di uscita flessibile così come segnala Il Sole 24 Ore.

Quota 100: 62 anni di età e 38 di contributi. Per i dipendenti pubblici il termine per il raggiungimento dei requisiti è fissato al 31 dicembre 2018 e le pensioni si avranno a partire da luglio (finestra di 6 mesi).

Opzione donna: lavoratrici che entro il 31 dicembre 2018 hanno maturato almeno 35 anni di contributi e 58 anni di età per le dipendenti (59 per le autonome). L’assegno viene ricalcolato interamente con il metodo contributivo e decorrenza posticipata di 12 mesi (18 per le autonome e le miste). In questo caso c’è un rischio taglio dell’assegno fino al 40%.

Lavori usuranti: circa 6mila i lavoratori potenziali beneficiari che ogni anno della pensione anticipata per lavoro usurante. Si tratta di persone che hanno svolto una o più delle attività usuranti (come ad esempio le maestre d’asilo). Attenzione, però: l’assegno sarà più basso a causa dei minori contributi versati.

Ape volontario: riguarda i lavoratori privati. Per poter fare domanda non devono mancare più di tre anni e sette mesi all’età della pensione di vecchiaia. Il lavoratore potrà così ricevere un assegno ponte per un massimo di 43 mesi prima della pensione di vecchiaia.

Ape social: disoccupati che hanno concluso l’indennità di disoccupazione da almeno 3 mesi con 30 anni di contributi; lavoratori che assistono familiari conviventi di 1° o 2° grado con disabilità grave da almeno 6 mesi con 30 anni di contributi; lavoratori con invalidità superiore o uguale al 74% con 30 anni
di contributi; dipendenti che svolgono un lavoro pesante (e lo hanno svolto per almeno 6 anni negli ultimi 7) con 36 anni di contributi.

Lavoratori precoci: lavoratori che hanno versato almeno un anno di contributi da lavoro effettivo prima dei 19 anni di età e svolgono attività particolarmente faticose.

Isopensione: L’isopensione è il trattamento a cui accede il lavoratore che sottoscrive un accordo di esodo con prepensionamento a carico dell’azienda. Dal momento in cui smette di lavorare  no alla pensione, percepisce un importo mensile pagato dall’ex datore di lavoro. La possibilità di anticipare 7 anni rispetto alla vecchiaia è prevista fino al 2020, dopo si potranno anticipare 4 anni.

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Andrea Carlino

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