Pensionamento e previdenza

Quota 100 addio subito? Renzi e Boschi insistono ma il M5S dice no: qualche ritocco ci sarà

Erano corrette le anticipazioni della Tecnica della Scuola di fine agosto sulla volontà di una parte del nuovo Governo di cancellare subito Quota 100 per liberare risorse e reinvestirle subito nella prossima Legge di Bilancio: a volerlo era la parte renziana del Partito Democratico, da alcune settimane fuoriuscita per creare Italia Viva.

Della richiesta si è riparlato al termine del vertice notturno di Governo convocato a Palazzo Chigi, perché è stata formalizzata nero su bianco. Solo che a presentarla, chiedendo esplicitamente la “testa” dell’anticipo pensionistico introdotto da M5S e Lega, non è stato il Pd, ma Italia Viva, il neonato partito di Matteo Renzi.

Italia Viva all’attacco

Prima è stato il deputato Luigi Marattin a smontare Quota 100, definendola l’emblema della “politica più ingiusta degli ultimi 25 anni”.

Nelle ultime ore, ha rinforzato il concetto il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, motivando la cancellazione del provvedimento – che permette di lasciare il lavoro già a 62 anni e 38 anni di contributi – al fine di reperire risorse da destinare all’assegno unico per i figli.

A dare manforte a Renzi, è stata anche Maria Elena Boschi, pure lei confluita con Italia Viva: a margine del Talent Garden Ostiense, l’ex ministra ha detto che “Quota 100 obiettivamente crea un’ipoteca sul futuro delle nuove generazioni. È molto onerosa. Noi diciamo: aiutiamo le nuove generazioni e sosteniamole con investimenti veri sulle famiglie per contrastare anche fenomeno denatalità”.

I motivi del ‘no’ del M5S

La replica è giunta, immediata, del ministro del Lavoro Nunzia Catalfo (M5S): Quota 100, ha detto, è una misura sperimentale che andrà a esaurirsi nel 2021, ma fino ad allora non si tocca, dice a ridosso del vertice sulla manovra.

Ed è tutto il M5S a dirsi contrario: “siamo al delirio, alla follia pura! Fornero addio, Quota100 non si tocca”, ha detto Vito Crimi, viceministro dell’Interno.

Pure il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, da Lussemburgo, sostiene che “se qualcuno pensa di poter far partire una nuova generazione di esodati ha sbagliato governo, peraltro in Parlamento non ci sono i voti per riuscire ad abolire Quota 100, quindi resterà una poco felice fantasia di Italia Viva.

Il no secco alla proposta di Renzi, di eliminare Quota 100 dopo appena un anno di vita, è giunto anche dall’ex vicepremier leghista Matteo Salvini: “È solo l’ultima follia. Non glielo permetteremo”.

Conte: stiamo lavorando

Qualche novità, però, alla fine ci sarà. Lo fa intendere il premier Giuseppe Conte, che qualche giorno fa aveva detto che Quota 100 non si tocca, ai cronisti davanti al Conservatorio di Avellino. Quando questi gli hanno chiesto se sono previste modifiche a Quota 100, il capo del Governo ha replicato: “La ministra Catalfo mi ha chiamato anche ieri, mi ha espresso la sua posizione, che è molto chiara: stiamo lavorando per trovare una soluzione. Sulla misura stiamo lavorando ai dettagli, siamo in contatto con i tecnici del Mef”.

Conte ha sottolineato che “se ce la facciamo ci sarà il Cdm stasera (14 ottobre ndr), sennò domani”.

Sulla necessità di portare avanti Quota 100, sino alla sua fine naturale, quindi il 2021, si era espresso anche il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, parlando domenica 29 settembre ‘Mezz’ora in più’ su Rai3.

L’incontro ministro-sindacati

Intanto, nella serata di lunedì 14 ottobre è spuntata la clausola di salvaguardia tra le ipotesi su Quota 100, alternativa a un intervento sulle “finestre”: secondo quanto apprende l’Ansa, al Mef si è svolto un incontro sulla manovra con i sindacati alla presenza del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.

Tra le ipotesi considerate, sarebbe stata illustrata anche quella di un meccanismo di blocco delle uscite in caso a metà anno si registri un flusso maggiore delle attese, per garantire comunque il conseguimento dei risparmi.

Ma si sarebbe ragionato anche su un allungamento di tre mesi delle attuali “finestre” d’uscita, anche se per i dipendenti della scuola (che continuano ad averne una l’anno non cambierebbe nulla) e, infine, un allineamento a nove mesi per tutti i dipendenti pubblici e privati.

Alessandro Giuliani

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