Ai sindacati non piace il decreto sull’anticipo pensionistico quota 100. E nemmeno le regole che introducono il reddito di cittadinanza. Per la Cgil, in particolare, sarebbero entrambi discriminanti nei confronti di chi ha requisiti uguali o maggiori ma, paradossalmente, non può accedervi. A propendere per questa tesi è il segretario confederale, Maurizio Landini.
Intervenuto all’assemblea di Lavoro società, a Roma, l’ex leader della Fiom ha esordito sostenendo che nel decreto quota 100 ci sono “una serie di contraddizioni”, perché “non cambia la legge Fornero, ma prevede solo piccole modifiche”.
Per il sindacalista, il provvedimento che introduce l’anticipo pensionistico, che a giorni avrà il via libera del Consiglio di ministri, contiene delle palesi “iniquità: in uno stesso posto avremo chi potrà accedere a quota 100 e chi con 41 anni di contributi non potrà andare ancora in pensione”.
Il riferimento di Landini, ad esempio, è a chi ha superato i 40 anni di contributi ma non compiendo i 62 anni entro i termini stabiliti sarà costretto a rimandare il pensionamento almeno al 2020.
A proposito del reddito di cittadinanza, Landini ha quindi citato, per fare un esempio pratico di quella che ritiene una vera discriminazione a cui si andrà incontro nei prossimi mesi, la “bracciante che si è fatta il mazzo per pagare i contributi e prenderà 680 euro, invece chi non ne ha mai versati, magari moglie di un imprenditore, prenderà 780 euro. Che c…o di giustizia è?”, ha concluso tra gli applausi il segretario confederale.
A lamentarsi è tutta la Cgil: la Funzione pubblica del sindacato parla di “disparità intollerabili tra pubblico e privato” in materia di accesso anticipato alla pensione rispetto all’età di vecchiaia, ricordando che le norme sulle finestre (tre mesi per i privati, sei per i pubblici) e sull’erogazione del trattamento di fine servizio.
“Propagandavano la riforma della legge Fornero – fa sapere la Cgil Funzione pubblica – hanno finito col peggiorare le norme relative ai dipendenti pubblici con un trattamento differenziato rispetto ai lavoratori del privato. Sono già in corso verifiche sulla legittimità del provvedimento, in attesa di avere un testo definitivo, visto che il Governo non discute con nessuno, tiene fuori il Parlamento e le parti sociali, agendo in maniera autoritaria”.
“Quota 100 – prosegue la nota – sarà differita per chi lavora nel pubblico, con la prima finestra disponibile a luglio e con un preavviso, per chi vorrà usufruirne, di sei mesi. Ma soprattutto ai dipendenti pubblici che andranno in pensione con ‘quota 100’ o in pensionamento anticipato, il trattamento di fine rapporto verrà corrisposto ‘al momento in cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla corresponsione’. Tradotto: per alcuni dei circa 140 mila dipendenti pubblici interessati dal provvedimento c’è il rischio concreto che aspettino anche fino a 8 anni per avere ciò che gli spetta, la liquidazione”.
Secondo il sindacato, infine, “c’è poi confusione sull’intervento delle banche per l’erogazione anticipata del Tfr. Gli oneri per gli interessi saranno o meno a carico dell’interessato? Da come pare essere scritta la norma, gli interessi saranno a carico dei lavoratori. E in ogni caso – conclude la nota – ‘Quota 100’, correlata alla possibilità di farsi anticipare la liquidazione dalle banche, creerà un’evidente discriminazione verso tutti coloro che andranno in pensione ordinariamente e che continueranno a dover subire gli attuali, intollerabili, termini di pagamento”.
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