Quota 96: a cosa è servito?

A essere soprattutto penalizzata infatti è stata la scuola, perché per due anni la gran parte di queste persone della cosiddetta “Quota 96” hanno svolto il loro lavoro in classe senza entusiasmo, volontà, piacere e, nella legittima convinzione di essere stati bistrattati dallo Stato, di sicuro non avranno trasmesso ai loro alunni la fiducia nelle istituzioni, nelle leggi e nel patto sociale che lega tutti i cittadini. Mancanza di professionalità? No, smarrimento e turbamento per lo stravolgimento di un diritto. A che pro dunque condannare tanta gente a lavorare oltre il dovuto, oltre i limiti di un’età possibile per essere vigili nelle loro classi e in modo particolare in quelle turbolente, rissose e di frontiera che esigono invece forze ed energie fresche e motivate? Lo abbiamo scritto altre volte: nessuno si è reso conto che costringere, non solo contro la propria volontà ma anche e soprattutto in dispregio delle leggi, travisandoli in corso d’opera, tanta gente a continuare una professione ormai ritenuta alla sua conclusione non rende merito a nessuno? La scuola non è l’ufficio protocollo del ministero e non si lavora con le carte e le mezzemaniche, ma con le persone, con ragazzi in età evolutiva, con studenti che chiedono attenzione, che pongono domande, che pretendono amore e riguardo.
E in più: cosa si è ottenuto in cambio? Sicuramente tenere fuori dal lavoro altrettanti docenti e personale precario e mandare al lavoro con la forza gente che stava già per uscire e godersi la meritata pensione. Si è ottenuto un risparmio di soldi? Forse, ma a che prezzo? Quanto di questo personale si è assentato, nella comprensibile scelta di preferire la propria salute a un lavoro ormai ritenuto abbondantemente concluso? Quanto di questo personale avrà, e lo ha fatto, inveito contro un governo ritenuto, a ragione, tiranno, perché ha tiranneggiato un diritto, stravolgendolo all’ultimo momento e piegando perfino tutte le regole, accettate, che riguardano la specificità della scuola? E se lo Stato ha forse risparmiato qualcosa, non altrettanto possono dire questi lavoratori dell’istruzione che, per ottenere la giustizia mancata e violata da chi la deve invece garantire, hanno impinguato gli studi legali e fatto lavorare i giudici: dal Consiglio di stato a quelli del lavoro, dai Tar alla Corte costituzionale, ingolfando ancora di più il sistema giudiziario italiano.
Elsa Fornero, la promotrice-ministra della legge sulle pensioni durante il governo Monti, è stata chiara: me lo hanno chiesto, ma, se il Parlamento lo avesse voluto, si poteva subito approvare l’emendamento. Ci sono voluti due anni, per approvarlo, e altri due governi: Letta e Renzi. Ma alla fine giustizia è fatta.
Consentiteci dunque di brindare, come scrive il nostro Giuliani, con costoro, accanto ai quali, come testata, siamo stati da sempre, sostenendoli con tutte le nostre forze

Pasquale Almirante

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