Mentre il Governo non trova i soldi per i 4mila ‘Quota 96’ della scuola, continuano a verificarsi delle eccezioni che non aiutano a stemperare gli animi di chi ad oltre 60 anni – e più o meno 40 anni di contributi versati – si è ritrovato ad un passo dalla pensione, ma dal poi dal 1° settembre dovrà tornare mestamente in servizio. Anzi, non possono che incrementare la rabbia e le polemiche.
Ci riferiamo alla notizia battuta delle agenzie di stampa riguardante alcuni dipendenti dell’Assemblea regionale siciliana: negli stessi giorni in cui il Parlamento concedeva e poi cancellava il via libera ai pensionandi della scuola bloccati da una “dimenticanza” della riforma Monti-Fornero, una decina di lavoratori dell’Ars hanno infatti ottenuto la possibilità di poter “andare in pensione a 53 anni, avendo maturato i requisiti precedenti alla legge Fornero. L’accordo sulla spending review tra il delegato del Consiglio di presidenza e i sindacati interni del Parlamento prevede due finestre: il primo ottobre e il primo gennaio”.
Viene da chiedersi come mai possano accadere questo genere di iniquità. Certo, il lasciapassare per una decina di lavoratori non equivale a quello di 4mila. Le spese per l’amministrazione pubblica sono ben diverse. Inoltre, gli accordi regionali possono prevedere delle diversità rispetto all’amminsitrazione centrale.
C’è però anche da sottolineare che uno Stato moderno e civile farebbe bene a non calpestare l’unica motivazione valida che oggi obbliga a rimanere in servizio migliaia di dipendenti, altrimenti in pensioni da due anni: d’ora in poi, non si potrà infatti nemmeno più dire loro “dura lex sed lex”.
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