Finalmente la ricognizione avviata dal Miur ha dato i suoi frutti: i lavoratori della scuola di Quota 96 che avevano maturato il diritto alla quiescenza entro il 31.12.2012 sono in tutto 3.976 e non già 9.000 come pretendeva subdolamente l’Inps e con lui l’ex sottosegretario Polillo che pure aveva riconosciuto la fondatezza del loro diritto soggettivo.
Il re è dunque nudo. Ogni alibi che fosse accampato avrebbe il sapore di un ulteriore e bieco pretesto di circostanza. Circa la platea del personale scolastico realmente coinvolto nel censimento in questione, le stime ufficiali del Miur prefiguravano da oltre un anno 3.000-3.500 beneficiari. Cosa che è stata comprovata oggi dopo tante chiusure aprioristiche e mortificanti. Perché mai si è voluta sbarrare la strada a questi coscienziosi lavoratori? Quale disegno scellerato ha permesso alla politica di temporeggiare per tutto questo tempo spacciando per buoni i dati forniti dall’Inps? Per quale motivi ci si è accaniti vigliaccamente contro di loro anziché sanare dignitosamente un errore che lo stesso Polillo ha sempre confessato?
La verità è che questi cittadini, nella loro controversia con lo stato e nei loro rapporti con il potere, sono stati trattati non alla stessa maniera, secondo regole comuni e sulla base di leggi promulgate nell’interesse generale, ma in modo discriminatorio e ghettizzante.
La Ragioneria dello Stato, per di più, correa del ministero dell’Economia, ha tenuto in ostaggio pretestuoso il Parlamento avvalorando numeri fasulli, giustificandoli in modo ignominioso e disconoscendo il Miur, unico detentore dei dati reali e certificati.
La dietrologia, certo, non paga; ma la verità esige di essere onorata. Sempre. Sotto ogni latitudine e sotto ogni longitudine.
Il 12 novembre 2013 deve essere considerato un giorno storicamente e politicamente ragguardevole per questi lavoratori. I più consumati contafrottole o i più tetragoni gabellanti di panzane di questa nostra repubblica, martirizzata da imposture e mistificazioni, possono tranquillamente suonare la ritirata, almeno per quanto riguarda l’aspetto ragionieristico della vicenda, senza più intralciare il cammino della pdl 249, a firma Ghizzoni e Marzana.
La verità è che il fabbisogno economico che ha finito per sabotare indegnamente il tragitto del provvedimento sui lavoratori scolastici di Quota 96 era surrettizio e perciò inattendibile, oltraggioso, persecutorio, ideologico. Era cioè svuotato del pathos necessario derivante da un intento di giustezza politico-amministrativa. Quanto attentati sono stati commessi ai danni di questi fedeli educatori dello stato. Troppe reboanti menzogne sono state dette in merito. Quante promesse non mantenute. Quanti impegni presi a vuoto. Quante falsità perpetrate contro il popolo sovrano. Il mondo è stanco, direbbe Cardarelli, di contemplare tanto monotona vicenda. Eppure la base di sessantenni della scuola, come dimostra la vigoria e la pervicacia del Comitato Civico «Quota96», da sempre in prima linea nel contrastare le illogicità e le doppiezze degli ultimi due governi, non ha mai smesso di lottare per il suo diritto.
Di questa innegabile «vittoria» politica gli va dato atto e merito perché il Comitato suddetto non ha mai smesso di crederci e di combattere indomitamente. Costi quel che costi. La deputata democratica Manuela Ghizzoni, dal suo sito ufficiale, ha fatto sapere di non avere alcuna intenzione di far festa, oggi, per la buona novella, perché indignata (giustamente) della beffa che in questi quasi due anni hanno dovuto subire i circa 4.000 professionisti della conoscenza interessati. Ora, però, si tratta di vedere se ci sarà la volontà nelle alte sfere di porre fine a questa storia che li ha fatti tanto tribolare e che tanto filo da torcere ha dato, a onor del vero, a questo vischioso mondo della politica. Bisogna smetterla con le discordie litigiose in campo d’Agramante.
Il governo Letta/Berlusconi ha il dovere di assumersi, a partire da domani in commissione Lavoro, le sue responsabilità. Crediamo che, a questo punto del percorso, non sia più ammissibile alcuna tecnica dilatoria e che si debba licenziare alla Camera la pdl 249, con tanto di copertura finanziaria, anticipando saggiamente il verdetto della Corte Costituzionale. Bisogna mostrare di voler portare a rapida conclusione l’iter parlamentare di questa proposta di legge.
Senza se e senza ma. In occasione del prossimo passaggio alla Camera e al Senato della ‘Legge di Stabilità’, il Parlamento ha l’ultima occasione per sanare definitivamente la grave e ingiusta ferita inferta ai pensionandi della scuola del 1952. Se non lo farà, vorrà dire che nessuno dei politicanti attuali ha le palle per dare un segnale di apertura nella lotta contro le prebende della casta e che ha dimenticato cosa significa l’equità e la giustizia sociale. Ci piace terminare questo breve commento di cronaca con l’emblematico motto del Comitato, tagliente e spassionato nella sua nudità, ripreso dalla filosofa Roberta De Monticelli: «Come per noi, anche per Dio c’è un limite, una soglia, una barriera: non è vero che tutto è permesso. Non è permesso a nessuna volontà ciò che è ingiusto».
Giuseppe Grasso
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