“Gli impegni presi si onorano. L’ingiustizia a Quota 96 va sanata subito”: questo il testo del telegramma che il personale della scuola aderente al Comitato civico “Quota 96” sta spedendo in queste ore al segretario del Pd, Guglielmo Epifani, alla ministra dell’istruzione, Maria Chiara Carrozza, e al presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta.
Una forma di protesta civile per esprimere l’amarezza e lo sconforto, ma soprattutto la rabbia, per le mancate risposte che invece in campagna elettorale si erano date, promettendo la certa soluzione di una ingiustizia perpetrata nel confronti di alcune migliaia di lavoratori della scuola, costretti a rimanere in servizio sulle unghie della riforma delle pensioni di Elsa Fornero.
Percepito l’andazzo politico di questo Governo e l’atteggiamento dilazionatorio di moti politici, che fino a qualche mese addietro si erano pubblicamente impegnati a loro favore, questi lavoratori della scuola non hanno trovato altra arma di pressione se non quella del telegramma per esprimere la loro comprensibile indignazione e pure la profonda delusione, con lo sconforto e la rabbia, per una attesa che dai quasi certi e positivi frutti, col tempo si è trasformata nella totale assenza di risultati, fino alla negazione, sull’altare di altri impegni governativi, della questione “Quota 96”.
Rimane infatti indecifrabile il motivo per il quale non si dà soluzione a una, universalmente definita da tutti i partiti: ingiustizia, adducendo come motivo la “copertura finanziaria” per la quale, è stato detto, basterebbero invece alcuni milioni di euro, dovunque reperibili, ma che, a quanto sembra, nessuno riesce a trovare.
L’attesa comunque si sposta ora al prossimo consiglio dei ministri, quando si parlerà del cosiddetto decreto scuola, dentro il quale si dovrebbe pure risolvere l’altra incredibile e incresciosa questione dei docenti inidonei che si vorrebbero mandare a coprire i posti Ata, col doppio risultato, terribilmente negativo e illogico, di non assumere oltre 3500 precari, in attesa nelle graduatorie, e di rigettare titoli e competenze particolari di tanti docenti, relegandoli negli uffici a passare carte.