“Quota 96”: si diano certezze o si taccia

Sta diventando ormai una sorta di altalena stramba la faccenda dei Q96, una oscillazione di pendolo che segna il tempo delle speranze e del loro opposto, toccando sia la sfera della fiducia, nella risoluzione definitiva di una emerita ingiustizia, e sia quell’altra della malora, nel senso di mandare tutto alla malora e tagliare i ponti con chi grida dalla coffa dell’albero maestro l’avvistamento della terra promessa. 
Risale infatti al gennaio 2012 (dopo il varo a dicembre 2011 della riforma sulle pensioni di Fornero e l’angosciata constatazione del blocco della quiescenza anche per i lavoratori della scuola, titolari di una sola finestra di uscita in coincidenza con la fine dell’anno scolastico) l’odissea perigliosa di questo personale che, constatata l’ennesimo raffazzonamento legislativo a loro danno, si affrettò, prima a costituire un Comitato civico nella constatazione che uniti si vince, e poi a rivolgersi a politici e quindi pure ai tribunali che però si sono pronunciati sempre in modo non uniforme, ambiguo, altalenante e pendolare, esattamente alla stesso modo con cui ancora oggi tanti si pronunciano. 
Se si tralasciano i soldi, molti, spesi per gli studi legali coinvolti, nonostante alcuni sindacati della scuola abbiano per certi versi contribuito a portare similare istanze davanti ai giudici, ma sempre con similari risultati, ciò che ha sbandato è stato l’atteggiamento della politica, equivoca e pure cinica talvolta, visto che in fase di campagna elettorale si spergiurò che nulla ostava per mandare in pensione una platea di personale sul cui numero, altra beffa subita da costoro, non c’è stata mai uniformità di vedute, fino a lanciare un censimento nelle scuole per certificare i possessori del benefici legati alle quote della Legge Damiano sulle pensioni. 
Dal gennaio 2012 dunque, da due anni, che si disquisisce, che si danno speranze, che si fanno promesse, che si portano su blog e siti specializzati, come il nostro, le proposte politiche e no, le opzioni legali e no, le dichiarazioni governative e no, per trovare i soldi innanzitutto e poi per modificare la legge Fornero e per intervenire a sedare una ingiustizia, mentre illustri costituzionalisti chiaramente descrivevano le storture della legge. 
E questo personale ha dovuto crederci, ha letto tra le pieghe di tante dichiarazioni e di tanti interventi di illustri e qualificati governanti che Itaca fosse finalmente a portata di sbarco, ma le bussole altre rotte indicavano e ad oggi dobbiamo ancora constatare la nebulosità opaca di tali astrolabi. 
Fra l’altro si confondono gli esodati, brutto neologismo nato dalla legge Fornero, degli altri ambiti lavorativi con quelli della scuola che non sono tali, ma più semplicemente inseriti in un calderone dove non dovevano stare perché ancora oggi, pur avendo età venerabile, continuano a lavorare, di malavoglia, come è comprensibile, ma sono ancora lì, sul pezzo, dietro la cattedra a beffa dei precari, giovani, che attendono di prendere il loro posto. 
Da qui il nostro invito, sollecitato da molti docenti, alla politica di smetterla con le promesse, con le possibili soluzioni, con l’indicazione delle botti da dove raschiare qualche milione di euro, mentre la graticola li affumica con la lentezza tipica del baccalà. 
Se si hanno certezze certe che vengano descritte, altrimenti si chiudano quelle porte, chiudendole pure agli altrettanti precari che su quei 4000 posti anche loro da due anni avrebbero voluto mettere il capello che, oggettivamente, è assai più legittimo di quello che tanti politici avrebbero voluto metterci sopra. 
Un atto umanitario insomma, per evitare batticuori, depressioni ed euforie, ansie e gioie, croci e delizie. Ma soprattutto a Pasqua si evitino dolorose sorprese e spaccando l’uovo che ciascuno ci trovi la realtà dei fatti e non le illusioni 

Pasquale Almirante

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