Luciano Corradini, professore emerito di Pedagogia generale all’università di Roma Tre, dà alle stampe, per Marcianum Pres, 24 €, “Racconti di vita e di scuola di ex studenti dell’Istituto Leopoldo Nobili di Reggio Emilia, negli anni ‘60”.
Che è un libro singolare per impostazione e contenuto, visto che a parlare, non a pontificare, come talvolta capita coi libri scritti dai prof, questa volta sono gli alunni stessi. Ma non già quelli colti in quel momento e in quella scuola, che potrebbe essere importante pur essendoci state pubblicazioni anche su questo versante, ma coloro che furono ragazzi e studenti negli anni Sessanta, più di mezzo secolo fa, presso l’Istituto Tecnico Industriale “Leopoldo Nobili” di Reggio Emilia: una precisa scuola e durante precisi anni.
Ex scolari dunque che si raccontano, autobiografie di ex studenti, diplomati periti industriali, negli anni 1964, ’65, ’66, che hanno frequentato le classi del prof Luciano Corradini, loro insegnante di italiano, storia ed educazione civica in quella scuola.
E raccontandosi, riflettono questi ormai mature (nonni per lo più) persone su una questione cara ai docenti amanti del loro lavoro, vale a dire, quale insegnamento loro, come scolari, hanno dato ai prof, piuttosto che a quell’altro che loro hanno ricevuto. “Mi piace pensare che anche a lui abbiamo dato qualcosa di importante”, scrive infatti uno di questi biografi di se stesso. E un altro: “Come faceva lui ad attirare la mia attenzione, prima che io mi distraessi o mi occupassi della materia dell’ora successiva?”
Già, perché anche questa capacità di attirare l’interesse e l’attenzione della classe, e dunque di ogni singolo alunno, è dote culturale e umana che non tutti riescono ad avare e ad esercitare, mentre di sicuro dietro c’è stato, come Corradini stesso confessa, la voglia di stare in classe e di condividere con loro l’ascolto e le problematiche di ogni giorno.
Questo è dunque l’humus da cui nasce il libro, dal rapporto forte e condiviso della intera classe nei confronti del loro docente che, radunando i suoi ex alunni per un evento importante dopo oltre mezzo secolo, ha chiesto di raccontare la loro esperienza di studenti, vista tuttavia con l’occhio della maturità e del distacco temporale.
Ma è stata pure l’occasione, racconta Corradini, per fare dei parallelismi (non paragoni) coi i giovani del terzo millennio, presi dal telefonino e da esso condizionati fino a viverne in simbiosi, diffidenti a prendere un libro, bisognosi di comprensione e sostegno, che si smarriscono tropo spesso nei meandri del tutto e subito.
Un modo dunque, queste autobiografie di un passato ormai remoto, precisa l’autore, non per dimostrare o sperimentare, ma per “comparare tempi e vite diverse e di far pensare chi le scrive e chi le legge”.
Racconti particolari e suggestivi, ma anche rocamboleschi o umoristici o aneddotici, e comunque di vita quotidiana a scuola ma che aprono un mondo tanto lontano quanto prossimo alla nostra sensibilità, perché in qualche modo interessa, sia molti di quella generazione, ma soprattutto ogni alunno e ogni docente dell’attuale società, che si smarrisce spesso e con sempre più abulia si lascia trasportare dagli eventi, mentre i giovani di questo tempo si disperdono in bande, altri si isolano nelle loro stanze, altri della loro fragilità hanno fatto atto di vendita di se stessi.
Un libro che consigliamo anche per la bella e struggente raccolta iconografica che fissa quegli anni, quelli del boom economico e dell’obbligo scolastico, del rapporto conflittuale, ma anche amorevole, con la campagna e con le nuove industrie annunciate dalla ciminiere e pure dai numerosi iscritti presso appunto gli Istituti Tecnici Industriali che sembravano garantire lavoro e benessere, prosperità e pace.