Dopo il ritrovamento del corpo della giovane Giulia Cecchettin, per il cui femminicidio è accusato il suo ex fidanzato Filippo Turetta, il dibattito è incentrato al momento sul tema della violenza sulle donne, sessuale, fisica, psicologica. Sono molte le iniziative che le scuole hanno messo in campo per parlarne. Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha anche predisposto un piano, “Educare alle relazioni“, per parlare di sentimenti in classe.
Ma le ragazze si sentono al sicuro tra le mura scolastiche? Oltre il 65% delle persone dichiara di aver vissuto in prima persona episodi di violenza, di questi più del 17% avviene in ambito scolastico, secondo solo alle relazioni sentimentali (19,4%) e seguito dai rapporti di amicizia (14.7%) e dal contesto lavorativo (12.7%).
Tra le tipologie più diffuse di aggressione troviamo le molestie verbali (27.8%), gli abusi sessuali (23.2%), la violenza psicologica (22.1%), atti persecutori (7.2%) e le molestie online – diffamazione online, ingiurie, revenge porn, ecc. – (6.8%).
Questi i dati emersi da un sondaggio condotto da MySecretCase, la community più attiva in Italia per la liberazione sessuale, al quale hanno partecipato 13500 studenti, di cui 82.9% donne, l’80% minori di 25 anni.
Più del 90% delle persone intervistate ha dichiarato, infatti, di non aver presentato denuncia formalmente per un senso di vergogna (23.4%), un’assenza di fiducia nelle autorità (17.8%), una scarsa conoscenza sui servizi disponibili a supporto delle vittime (13.2%) e una paura di ritorsioni da parte dell’aggressore (11.3%). Più dell’80% decide però di confidarsi con persone di fiducia, e lo fa principalmente con amici (45%), genitori (20%), insegnanti (12%) e in sportelli d’ascolto (6,4%).
Tra i principali fattori indicati come cause della violenza troviamo la disuguaglianza di genere (16.5%), gli stereotipi di genere (19.4%) e al primo posto un’educazione insufficiente (31.9%), indicata anche come principale responsabile della violenza in ambito scolastico (33.1%).
Non solo, più del 90% degli studenti ritiene che la propria scuola non faccia – o non abbia fatto – abbastanza per promuovere un ambiente sicuro. A tal proposito, oltre il 40% ritiene che un percorso scolastico sull’educazione sessuale, sul rispetto dei confini fisici e sulla gestione delle emozioni, debba essere il primo – ma non l’unico – strumento di prevenzione e contrasto della violenza. Questo deve essere, infatti, seguito da programmi di supporto psicologico per gli studenti (11,6%), un rafforzamento delle leggi contro questi fenomeni (10,7%), incontri di sensibilizzazione per i genitori da parte della scuola (9%), un sostegno alle vittime attraverso servizi sociali e legali (8.6%) e una maggiore supervisione da parte del personale scolastico (4.3%).
Sono state raccolte anche numerose testimonianze: moltissime ragazze hanno raccontato di aver subito molestie e di non essere state credute del personale scolastico. “Sono stata palpata alle medie in mezzo alle gambe, il preside a mia mamma ha detto. Com’era vestita sua figlia?”, “Impossibile dimenticare quel compagno che, mentre facevo stretching, davanti a tutti in palestra, mi è salito addosso imitando un rapporto sessuale. L’insegnante riprese me perché facevo esercizi diversi “per attirare l’attenzione”. Oppure quando la prima volta che mi ritrovai da sola per strada per uscire con le amiche in città, mi fecero cat calling (avevo 13 anni). Ma ricordo bene anche quel compagno che violentò una compagna di scuola e nessuno del corpo docenti le credette, nonostante la denuncia, e fu costretta a condividere con lui l’aula ogni giorno per tutto il quinto anno. Ma le storie, personali e non, sono tante da poter raccontare. Finché queste persone rimarranno impunite non potrà mai cambiare nulla”, questi solo due dei terribili racconti da parte di vittime di violenza.
C’è anche il punto di vista di un docente: “Sono un’insegnante di scuola media ed è davvero difficile riuscire a portare avanti progetti sull’argomento per lo sbarramento della scuola stessa, degli altri insegnanti e dei genitori. Chi lo fa, lo fa prendendosi un grande onere, spesso con ben poco sostegno e con una discreta dose di coraggio e senso del dovere. Per quanto riguarda casi di molestie a scuola, ne sono accaduti quest’anno, ma il preside per cui lavoravo non ha ascoltato i nostri resoconti e quelli del personale ATA fino all’agire del genitori perché non voleva avere problemi. Volevo denunciarlo all’autorità o a qualche giornale, ma in quanto precaria sarei rimasta sola e senza lavoro”.
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