Quasi un anno fa, all’ultima ora di lezione in una prima classe di agraria di San Donà di Piave il prof di Fisica si presentò vestito da donna dicendo: “da oggi chiamatemi Cloe”.
Era venerdì 27 novembre e da quel giorno l’I.I.S. Scarpa-Mattei trovò il suo spazio tra le scuole più famose d’Italia. Perché quella frase, pronunciata dal prof, vestito con parruccona, minigonna inguinale, unghie laccate e ombretto alle palpebre, fece il giro della Penisola. Finendo pure in tribunale.
La notizia divenne di pubblico dominio. E il dirigente scolastico sospese il docente – L. B. – per tre giorni dal servizio, per aver turbato gli studenti. Il prof non la prese bene e chiese l’annullamento della procedura disciplinare, oltre ad un risarcimento di 10 mila euro al ministero dell’Istruzione.
Ora, scrive l’Ansa, il presidente del tribunale del lavoro di Venezia Luigi Perina ha stabilito che la sospensione di tre giorni inflitta al prof per quelle parole è stata giusta perchè l’outing in così breve tempo, senza preparare adeguatamente le scolaresche, non è stato “responsabile e corretto”.
Il giudice non è entrato nel merito di quella definisce una “legittima scelta identitaria”, sognata dall’insegnante dall’età di 5 anni e diventata realtà solo dopo il passaggio di ruolo, ma ha contestato le modalità dell’annuncio alla classe.
“Se tempi e modi di tale scelta fossero stati attuati diversamente, questa sarebbe stata ‘responsabile’, ‘corretta’ e consona alla funzione di docente”, ha scritto il giudice nel respingere il ricorso contro il provvedimento punitivo presentato dal prof e dal suo legale Marco Vorano.
Intanto, a leggere le sue frasi su Facebook, “postate” qualche giorno fa, la prof non si è mai pentita della decisione di fare outing: “Cloe. Il mio nome di elezione sulle bollette domestiche. Ormai la lista è quasi completa. Un’altra azienda esercente pubblici servizi di utenze domestiche ha accolto la mia richiesta di usare il nome di elezione sulle buste delle bollette e delle altre comunicazioni che mi inviano”.
All’epoca della trasformazione in Cloe, a dirsi fortemente turbata per l’accaduto fu, in particolare, una studentessa che uscì piangendo dall’aula. Suo padre non perse tempo e scrisse all’assessore regionale all’istruzione Elena Donazzan per raccontare quella che definì “una carnevalata”. “Nessuno era al corrente del fatto, i genitori non erano stati avvertiti, i docenti non ne sapevano nulla – accusò l’uomo – .Ma davvero la scuola si è ridotta così?”.
Oggi Donazzan, sentita sempre dall’Ansa, si dichiara tutt’altro che pentita per aver sollecitato una ispezione nell’istituto, ritenendolo danneggiato da quel comportamento: “La scuola – ha detto – è un luogo protetto e va preservato. Approvo la decisione del giudice e continuo a pensare che un insegnante debba essere coerente: se è maschio è maschio, se è femmina è femmina”, ha tagliato corto Donazzan.
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