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Ragazzo suicida a Senigallia, il dibattito sui social: “Anche ai miei tempi esisteva il bullismo, ma nessuno si toglieva la vita”

La recente tragedia di un giovane quindicenne di Senigallia, vittima di bullismo e spinto al suicidio, ha scosso profondamente l’opinione pubblica e sollevato riflessioni accese sui social media. In particolare, un post su X ha innescato un ampio dibattito.

L’autrice del post ha evidenziato una differenza cruciale tra il bullismo del passato e quello attuale: oggi i social media amplificano le sofferenze, rendendo la vita dei giovani vittime un inferno che non trova tregua neppure dentro le mura di casa.

Uno dei punti cruciali sollevati è la convinzione, espressa da alcuni adulti, che “anche ai loro tempi esisteva il bullismo, ma nessuno si suicidava”. Questa posizione ignora il ruolo pervasivo dei social media, come sottolineato nel post. Se una volta, una volta tornati a casa, i ragazzi trovavano un rifugio dalla violenza subita a scuola, oggi la tortura continua incessantemente online. Alcuni commentatori del post hanno evidenziato come in passato, i casi di suicidio legati al bullismo fossero spesso sottovalutati o etichettati in maniera superficiale dai media.

I commenti sulla questione

Il bullismo sui social, rispetto a quello tradizionale, moltiplica l’esposizione delle vittime, rendendo l’umiliazione pubblica e incontrollabile. In un commento si legge un suggerimento per un maggiore controllo sui social, un punto condiviso da molti, tra cui la stessa autrice del post. Tuttavia, alcune voci come quella di una ragazza, che ha raccontato la sua esperienza di disabilità, hanno sottolineato che Internet in sé non è il problema, ma piuttosto come viene utilizzato, richiamando la necessità di un’educazione adeguata all’uso consapevole di queste tecnologie.

Il dibattito ha toccato anche l’importanza del ruolo degli adulti, dai genitori agli insegnanti. Una lettrice ha lanciato un’accusa contro l’indifferenza degli adulti nelle scuole, paragonandola all’omertà. Molti concordano su come l’atteggiamento “c’è sempre stato” sia una forma di giustificazione tossica che minimizza una realtà terribile. Un altro commentatore ha proposto l’introduzione obbligatoria di uno psicologo fisso nelle scuole, una figura che potrebbe rappresentare un supporto fondamentale per i giovani in difficoltà.

Le parole del ministro Valditara

Il fenomeno del bullismo, per quanto presente anche nel passato, oggi appare profondamente trasformato. La scuola non è più l’unico campo di battaglia: ogni angolo della vita, compresi i social, diventa teatro di vessazioni e umiliazioni. E proprio per questo motivo, il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha commentato la tragedia, affermando: “Profondo dolore e sgomento per il suicidio del giovane Leonardo, ai suoi genitori va il mio più sentito cordoglio. Il Ministero si è subito attivato per verificare, per quanto di propria competenza, le dinamiche dell’accaduto. Al di là delle singole responsabilità, che saranno accertate nelle sedi opportune, non possiamo tollerare che il bullismo diventi un tratto di una certa gioventù”.

“Dobbiamo eradicarlo dalla società, partendo dalla scuola e in collaborazione con le famiglie. È importante ripristinare, proprio a partire dalla scuola, alcuni principi, quali il rispetto delle regole, il valore assoluto della persona umana, la responsabilità individuale. Perché la scuola deve essere sempre un luogo sereno di crescita per tutti i nostri ragazzi. Per questo continueremo a lavorare con ancora maggiore decisione per contrastare la cultura della violenza e della prepotenza, dell’insulto e del dileggio”, ha concluso.

Redazione

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