Mentre si attende che il Capo dello stato convochi, nei prossimi giorni, le delegazioni dei partiti vincitori alle elezioni del 4 marzo scorso, per formare il nuovo governo, ci arriva una notizia, assai riservata, secondo la quale sarebbe stato raggiunto un accordo, tra la Lega di Matteo Salvini e il M5S di Luigi Di Maio, relativamente al nome da proporre per la guida del Ministero dell’Istruzione.
Ministero fra l’altro che, secondo i nostri informatori, riprenderà il vecchio aggettivo, “pubblica”, cosicchè si tornerà a chiamare “Ministero della pubblica istruzione”. Una istanza fortemente voluta dai 5Stelle, ma osteggiata da quelli di Forza Italia, in cambio della cessione del dicastero della Minerva a un candidato proposto dalla Lega. Un baratto insomma: un aggettivo in cambio di un nome proprio, e nel nostro caso pure di un cognome.
Infatti, sempre secondo i nostri informatori, Di Maio, premier in pectore del nuovo governo, avrebbe ben volentieri accolto la proposta (ma a tanti è sembrato un atto di imperio) del futuro alleato di centrodestra di surrogare Salvatore Giuliano, il preside già sostenitore della Legge 107 di Renzi e inserito nello staff del governo grillino in campagna elettorale, con una “pasionaria” della destra di Fratelli d’Italia che, derogando dall’impegno di non fare inciuci, parteciperebbe all’esecutivo con questa sola personalità ma, patti chiari, per questo solo dicastero.
Il nome proposto sarebbe, e il condizionale è d’obbligo, quello di Daniela Santanchè che, ci riferiscono, mettendo immediatamente il suo cappellino sulla prima poltrona a disposizione, avrebbe pure esclamato: Salvini me l’ha data, guai a chi me la toglie.
Circolerebbe comunque, sibilano dalle parti romane, un certo imbarazzo nei riguardi della Santanchè che, benché sul canapè e pur essendo esperta di frappè, e chi sa perché, non ha mai avuto granché dimestichezza né con la scuola, né coi ministeri, ma “neanche con l’istruzione”, a sua volta avrebbe sospirato uno dei giornalisti, a lei un tempo assai vicino, presenti alla delicata contrattazione. Lei però, incurante dei borbottii (con molti bofonchi e mugugni) dei presenti, avrebbe continuato a ripetere, con la sua voce squillante: Salvini me l’ha data e guai a chi me la toglie.
Alla riunione, segretissima, avrebbe pure partecipato il noto critico, e assessore dimissionario alla Cultura della Regione siciliana, Vittorio Sgarbi che però, essendo seduto sul vaso del bagno dei suoi ospiti, intento a farsi selfie in quella posizione a lui così cara, un secondo dopo l’uscita del nome di Santanchè dalla bocca di Salvini, avrebbe incominciato, dal suo singolare privè, a rumoreggiare, gesticolando: mai quella démodé di Santanchè.
In ogni caso, se la notizia venisse confermata, dopo il primo aprile certamente, la Daniela Santanchè dovrebbe guidare il ministero di Viale Trastevere, quello che fu di Gentile e di Spadolini, ma anche di due donne del centrodestra, Letizia Moratti e Maria Stella Gelmini.
“E se loro hanno guidato il Miur, Valeria Fedeli compresa, perché non posso guidarlo io?”, avrebbe subito chiosato la candidata neo ministra, raccogliendo così gli applausi dei convenuti.
Alla fine dell’accaldata riunione, la Santanchè, ormai dunque ministra in pectore della scuola, avrebbe telefonato alla Zecca dello Stato affinchè la sua nomina venisse ricordata con l’emissione di un francobollo celebrativo.
Si sarebbe allora sentita una sinistra risata provenire dalla postazione di Sgarbi che, ancora con le chiappe poggiate sul cantero e il telefonino in mano, avrebbe strombettato: ti ricordo che un tempo si leccavano i francobolli di dietro, oggi c’è l’autoadesivo.
E in effetti, in questo caso specifico, Sgarbi avrebbe (il condizionale è d’obbligo) ragione, mentre si attende, a conclusione degli iter istituzionali, l’ufficializzazione della nomina della famosa manager e opinionista Tv.
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