Categorie: Politica scolastica

Raiola: “La deportazione non è affatto necessaria”

Nostra intervista alla professoressa Marcella Raiola del Coordinamento precari Napoli sulla tanto discussa “deportazione” dei docenti da Sud a Nord.

Che cosa risponde all’accusa sdegnosamente rivolta a chi, come Lei, non ha prodotto la fatidica “domanda di assunzione”, di non volersi spostare dove c’è il lavoro?

 

Rispondo che chi emette giudizi frettolosi e qualunquistici dovrebbe prima premurarsi di comprendere come ha funzionato, finora, il reclutamento nel settore della Scuola; capirebbe, così, che  i posti di lavoro non sono affatto solo al Nord, come dimostra il fatto che al Sud i precari lavorano da anni e anni con supplenze annuali, ma che al Sud tali posti non vengono messi a disposizione per le assunzioni, a differenza di quanto accade nel Centro e nel Nord, dove invece ci sono effettivamente meno docenti. Del resto, se è vero, come è scritto nella Legge 107 passata a luglio a colpi di fiducia, che entro dicembre  2015 sarà bandito un altro concorso per 60.000 posti, vuol dire che i posti ci sono! Non si capisce, allora, perché aprire un altro scontro fratricida all’ultima cattedra tra precari invece di assegnare i posti a chi ha già titolo e diritto all’assunzione!

 

La “deportazione”, dunque, non sarebbe necessaria?

 

Assolutamente no! Con i tagli alla spesa di Monti, è stato “blindato” l’organico (numero di docenti necessario) complessivo del paese, ma poi le cattedre restano scoperte, perché gli studenti aumentano, sicché si assegnano migliaia di posti “in DEROGA” che sono, di fatto, posti disponibili subito! Inoltre, ritirando i tagli Gelmini alle discipline falcidiate e scorporando le classi pollaio, sarebbe possibile creare posti e mettere i docenti in condizione di lavorare meglio e proficuamente. E vogliamo parlare dei docenti 66enni ancora in cattedra per l’errore della Fornero? Una vera vergogna!

 

Ma finalmente  verrà assegnato ai precari, anche se a distanza, un posto a tempo indeterminato. Non è una bella opportunità, specialmente in tempi di grande disoccupazione?

 

Non è certo per grazia ricevuta da Renzi, che il posto a t.i. spetta ai precari! La sentenza di condanna per l’Italia emanata dalla Corte Europea contro l’abuso di precariato lo scorso 26 novembre, infatti, obbliga il governo ad assumere tutti i precari con almeno 36 mesi di servizio! Stiamo parlando di insegnanti precari da 15/20 anni, di età compresa tra i 43 e i 55 anni, non di neolaureati ad inizio carriera.

 

Come giudica il meccanismo di assunzione adottato dal governo? Avrebbe una proposta alternativa?

 

Il meccanismo è assurdo e vanifica tutta la carriera dei precari, azzerando le graduatorie e lanciando una grande lotteria nazionale per il posto non si sa dove! Guardi: faccio un esempio pratico: ci sono 10 precari in una graduatoria di merito per titoli e anzianità di servizio a Sassari, che lavorano da 15 anni. Io ho 10 posti finalmente trasformati in posti fissi: cosa faccio? La cosa più semplice sarebbe chiamare dalla graduatoria rispettando l’ordine, no? Invece, il governo ordina ai 10 precari di Sassari di compilare una domanda indicando 100 città “preferite” e ordina lo stesso a tutti gli altri precari d’Italia, e poi dice ai sassaresi di confidare che un algoritmo assegni a loro, che sono di Sassari, le cattedre che sono a Sassari, ma che tenessero pronte le valigie per chissà dove nel caso in cui l’algoritmo usasse il criterio del punteggio e assegnasse le “loro” cattedre sarde a chi ha più punti di loro nella stessa classe di concorso, magari a gente di Gorizia o Casal Monferrato! Dov’è la convenienza di questo sistema? Dove sta la logica? Perché creare ex abrupto una graduatoria nazionale quando i precari hanno maturato la loro carriera e accumulato punteggi per anni in graduatorie provinciali?

 

E quale sarebbe, secondo lei, dunque, la finalità di questa operazione?

 

La prima finalità è quella di “scremare” i precari, sapendo che si tratta di donne, per la maggior parte, e, quindi, di persone che, messe alle strette, potrebbero rinunciare al lavoro, avendone le condizioni, con gran risparmio per il governo. La seconda, non meno importante, è a mio avviso squisitamente politica: lo scopo della “riforma Renzi”, infatti, che coincide con il suo principio ispiratore, è quello di naturalizzare l’idea che non esiste un DIRITTO al lavoro e che non ci sono più regole se non quella del padrone (il preside-sceriffo, in questo caso) che chiama a suo piacimento e che a suo piacimento dispone del personale! E’ un tentativo di decostituzionalizzazione del lavoro: il precario deve sentirsi ricattato e accettare ogni condizione, compresa la mobilità selvaggia (INUTILE, visto che i posti dove ha casa e dove ha famiglia, spese e affetti ci sono!) e il demansionamento.

 

Perché parla di “demansionamento”?

 

Perché i posti assegnati in “FASE C”, cioè i posti per i “deportati”, non sono posti “da insegnante”, non sono “cattedre”, ma posti da “tappabuchi”, cioè da supplenti eterni su cattedre scoperte per pochi giorni, o da “manovale generico” della Scuola. In questa fase, infatti, i precari vengono assunti come “organico funzionale”, cioè come personale AGGIUNTIVO, chiamato a svolgere attività extracurricolari Una “mission”, in pratica, della durata di tre anni. Dopodiché, nuovo triennio, nuova scuola e nuovo giro di valzer! Ai precari da “deportare” è stato chiesto di fare domanda non solo per non si sa dove, ma anche per non si sa quale lavoro, perché solo il 5 ottobre prossimo, quando i Piani Triennali saranno approntati dai presidi, cioè, si saprà cosa eventualmente dovranno fare i nuovi assunti e su quali classi di concorso.

 

Lei sta dunque dicendo che la legge 107 e il piano assunzionale consentono un utilizzo “fantasioso” e quasi privatistico del personale nel settore Scuola, insomma…

 

Esatto! In linea con il Jobs Act, con la flessibilizzazione massima del lavoro (ottimizzazione delle risorse umane!) e senza alcun riguardo, invece, per la continuità didattica e per la tanto strombazzata qualità.

Silvana La Porta

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