Il Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea ha presentato il XX Rapporto sul “Profilo e sulla Condizione occupazionale dei laureati” di 74 università italiane di primo e secondo livello nel 2016, 2014 e 2012 contattati, rispettivamente, a uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo.
I dati più significativi sono riassunti nella parte dedicata ai laureati magistrali a un anno dal titolo: oltre ad una percentuale di occupati sopra la media nazionale, è da sottolineare come il 74% di questi abbia trovato lavoro dopo aver ottenuto l’agognata pergamena, mentre un 11.7% prosegue un lavoro iniziato già prima della laurea e il resto ha trovato una nuova occupazione.
Il 26% ha un contratto da dipendente a tempo indeterminato, mentre il 27,5% un lavoro non standard (in particolare da dipendente a tempo determinato).
L’8,4% svolge attività autonoma (come libero professionista, imprenditore, ecc.), mentre il lavoro part-time coinvolge il 13,2% degli occupati.
La retribuzione media è di 1.187 euro mensili netti (in linea con quella nazionale di 1.153) e il 55,9% degli occupati ritiene la laurea conseguita molto efficace o efficace per il lavoro che sta svolgendo; inoltre il 42,2% dichiara di utilizzare in misura elevata, nel proprio lavoro, le competenze acquisite durante il percorso di studi.
L’85,9% dei laureati è inserito nel settore privato, mentre il 13,2% nel pubblico. La restante quota lavora nel non-profit (0,6%). L’ambito dei servizi assorbe il 44,3%, mentre l’industria accoglie il 53,4% degli occupati. Marginale è infine la quota di chi lavora nel settore dell’agricoltura.
“C’è un incremento delle immatricolazioni da un triennio a questa parte, anche se dobbiamo recuperare ancora 50mila matricole”, dice Ivano Dionigi, presidente di Almalaurea.
“C’è più lavoro, il 3 per cento in più sia per i laureati di primo livello che di secondo livello, ma dobbiamo recuperare 17 punti dall’epoca pre-crisi. E poi c’è più lavoro, ma quale lavoro? Aumentano i contratti a tempo determinato e diminuiscono quelli a tempo indeterminato. C’è più retribuzione, ma i ragazzi guadagnano lo stesso rispetto a cinque anni fa, quindi le retribuzioni sono ferme al palo. La efficacia della laurea è relativa: i ragazzi dichiarano fra il 50 e il 55 per cento che fanno un lavoro corrispondente al loro titolo di laurea. E molti se ne vanno all’estero perché guadagnano di più, il 65 per cento in più che in Italia. Continua la storia: esportiamo laureati, il 6 per cento vanno all’estero perché non trovano lavoro e perché vengono pagati meglio. Esportiamo cervelli, laureati, capitale umano ed importiamo badanti”.
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