Non si sono fatte attendere le reazioni delle associazioni e rappresentanze degli studenti dopo il rapporto presentato il 28 maggio da Almalaurea all’Università Bicocca di Milano.
Gianluca Scuccimarra, coordinatore nazionale dell’unione degli universitari, dichiara: “Dall’indagine Almalaurea emerge chiaramente come il nostro Paese investa troppo poco nell’università, con un costo per laureato che è circa la metà di altri Paesi europei come Francia, Germania, Spagna e Svezia e una percentuale ancora bassissima, appena il 22%, di giovani laureati tra i 25 e i 34 anni.
I dati raccolti da Almalaurea mostrano anche un mercato del lavoro che non premia la conoscenza e le competenze specifiche: abbiamo molti meno impiegati in professioni ad alta specializzazione della media UE, sintomo di un sistema produttivo arretrato che non punta sull’innovazione e si basa su sistemi aziendali e di management familiari” Il problema non sono l’inefficienza, l’eccesso di laureati o l’incapacità dell’università a formare competenze spendibili, conclude Scuccimarra, “ma la volontà politica di investire davvero nell’istruzione superiore e nel rinnovamento del sistema produttivo”.
Sulla stessa scia Alberto Campailla, portavoce nazionale di LINK – Coordinamento Universitario, “Al basso numero di immatricolati e laureati, si accompagna una forte mobilità di studenti dal Sud al Centro-Nord italia, colpevoli le insufficienti politiche in materia di diritto allo studio e la campagna mediatica denigrante messa in campo dai meccanismi di ranking dell’Università.” A questo si lega indubbiamente la redistribuzione” – aggiunge Campailla – “delle risorse tra i diversi Atenei italiani: come evidenziato da Ferrante nel rapporto, i meccanismi di valutazione tout court, standardizzata e che punti alla premialità, stanno massacrando quelle Università che svolgono le loro attività proprio in quei contesti a forte ritardo di scolarizzazione. Siamo pienamente d’accordo con l’analisi del rapporto che evidenza la forte necessità di risorse aggiuntive per l’intero sistema universitario, ad oggi tra le più basse dei paesi OCSE, e ad una loro redistribuzione che permetta di contrastare il forte divario che va sempre aumentando tra gli Atenei del nostro Paese.”
“Riteniamo” – conclude Campailla – “che l’unico modo per uscire dalla crisi economica, sociale e lavorativa del nostro Paese sia, invece, investire sulla formazione e la ricerca con una particolare attenzione alle aree più deboli del paese, nelle quali l’istruzione superiore deve essere vista come una risorsa in grado di colmare il grande divario che le separa da quelle economicamente più avvantaggiate.”
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