Sono stati presentati oggi, 2 dicembre, i dati del 56esimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese 2022. Un intero capitolo dello studio è dedicato ai “processi formativi” e, quindi, al sistema scolastico. Sono molti i dati emersi che risultano interessanti per avere un’idea dello stato attuale della scuola italiana.
Nell’anno scolastico 2021-2022 gli alunni non italiani sono 872.360 (+0,8% rispetto all’anno precedente). Secondo un’indagine del Censis su più di 1.400 dirigenti scolastici, nelle scuole a elevata presenza di stranieri (oltre il 15%) solo il 19,5% dei presidi ritiene il livello di integrazione del tutto soddisfacente e solo per il 35,5% negli ultimi tre anni non si è verificata alcuna criticità. Il 51,5% segnala frequenti difficoltà di comunicazione linguistica e la mancanza di supporto da parte di personale qualificato (43,7%). Il 41,0% evidenzia lo scarso rendimento scolastico dei ragazzi. Il 62,0% ha attivato un laboratorio di italiano.
Per il sostegno allo studio si ricorre diffusamente al sostegno individuale dei docenti (86,4%) e ad attività di recupero differenziate per i ragazzi con votazione insufficiente (70,9%), il 40,3% può contare sul supporto di associazioni educative per il doposcuola.
Solo in poco più della metà dei 40.000 edifici scolastici vi è almeno un tipo di accorgimento per ridurre i consumi energetici, nel 21,6% sono completamente assenti e per il 21,9% l’informazione non è disponibile. Secondo un’indagine del Censis su più di 1.400 dirigenti scolastici, nel 29,1% delle scuole non è stato realizzato alcun tipo di intervento e nel 69,4% ne è stato effettuato almeno uno, ma si è trattato nella maggior parte dei casi di un intervento parziale su porzioni degli edifici.
Le fattispecie più ricorrenti sono la sostituzione degli infissi con altri più isolanti (39,6%) e l’ottimizzazione dei sistemi di illuminazione (36,0%). Seguono l’installazione di impianti fotovoltaici (25,4%), l’isolamento delle coperture (24,7%) e la riduzione di dispersione degli impianti di riscaldamento (24,0%). Il 95,0% dei presidi ritiene che nei loro istituti siano comunque necessarie opere strutturali per il risparmio energetico. Le scuole stanno fronteggiando la crisi energetica monitorando l’uso degli impianti e riorganizzando gli orari: nel 56,3% dei casi il personale è stato incaricato di verificare lo spegnimento delle luci e delle apparecchiature a fine giornata, nel 55,2% si è optato per la settimana corta.
Lo European Skills Index (Esi) elaborato da Cedefop permette un confronto tra 31 Paesi europei in merito allo sviluppo delle competenze. Negli ultimi tre anni l’Italia si è costantemente posizionata all’ultimo posto con un valore pari al 15,1%, percentuale che esprime la parte del percorso fatta rispetto al raggiungimento della performance ideale. Il nostro Paese si distingue per la totale difficoltà ad attivare le competenze di cui pure dispone (punteggio 1,7%), vista l’alta percentuale di giovani 18-24enni che hanno abbandonato precocemente gli studi e sono nella condizione di Neet.
L’indicatore relativo all’incontro tra domanda e offerta di competenze (punteggio 31,0%) è condizionato dall’elevata quota di disoccupati di lunga durata, dall’elevata incidenza di occupati laureati con bassi salari e dalle quote di occupati sotto o sovra qualificati rispetto alla posizione occupazionale.
Sul versante dello sviluppo di competenze (punteggio 39,0%) i punti di forza sono la scuola pre-primaria (il rapporto bambini/docenti ci colloca al 13° posto) e la significativa quota di studenti che dopo la scuola secondaria di I grado frequentano percorsi tecnici e professionali (12° posto). Siamo invece molto in basso per la quota di 15-64enni con almeno un titolo di scuola secondaria superiore (29° posto) e sulla diffusione di competenze digitali multiple, utili per l’occupabilità e per la partecipazione attiva dei cittadini (28° posto).
L’indice Desi, che misura la digitalizzazione di economia e società in Europa, colloca l’Italia tra gli innovatori moderati, con un punteggio pari a 49,3 rispetto a una media europea di 52,3. Il nostro Paese è indietro non solo sulle competenze digitali specialistiche, ma anche su quelle di base, possedute dal 46% dei cittadini contro un valore medio europeo del 54%.
Usa internet l’89,5% dei 55-74enni italiani laureati (media Ue corrispondente: 94,9%). L’83,4% dei 55-74enni laureati invia e-mail per ragioni non lavorative (Ue: 88,1%), il 73,2% fa telefonate e videochiamate (Ue: 66,6%), il 62,8% accede all’internet banking (Ue 70,3%), il 58,2% fa acquisti online (72,5%), il 57,5% visita/interagisce con i siti web della Pa (75,5%) e il 40% accede a un social network (Ue: 42,1%).
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