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Rapporto Eurydice, Ancodis: “In Italia lenta e arcaica progressione stipendiale per anzianità”

Il rapporto Eurydice, di cui abbiamo scritto, confronta le retribuzioni dei docenti e prende in esame gli stipendi di base degli insegnanti a inizio carriera e le loro prospettive di di progressione retributiva annuale. Secondo i dati risulta un gap economico di stipendi tra i docenti italiani e quelli dei principali Paesi europei.

Ancodis esprime così la sua posizione:

“Nella scuola italiana non esiste la progressione di carriera professionale di un docente ma la lenta e arcaica progressione stipendiale per anzianità. Anzi, la carriera per il personale docente è un ossimoro oltre che sembrare un tabù per gran parte delle forze politiche e organizzazioni sindacali;

nel sistema scolastico italiano non c’è la retribuzione economica proporzionale alla quantità e qualità di lavoro didattico e organizzativo svolto dentro e fuori gli ambienti di apprendimento.

“Gli incarichi aggiuntivi e le conseguenti responsabilità che ne derivano – afferma il Presidente di Ancodis Rosolino Cicero – sono riconosciute nella maggioranza dei sistemi scolastici europei e soltanto in pochissimi (tra cui l’Italia) sono considerate soltanto a livello di contrattazione di istituto con modestissimi e risibili incentivi economici. In molti paesi europei, alla definizione della progressione della carriera un rilevante peso hanno l’assunzione di incarichi aggiuntivi, la formazione professionale continua, l’anzianità di servizio così da incoraggiare i docenti a migliorarsi nella funzione didattica, ad assumere incarichi aggiuntivi, ad accogliere favorevolmente proposte di azioni formative professionali.”

“Siamo di fronte ad un ARCAICO status professionale della funzione docente – conclude Cicero – per la quale Ministero ed OO.SS. devono trovare soluzione. Se vogliamo davvero dare un nuovo impulso alla scuola italiana allora occorre ripartire dalle risorse umane incominciando nel prossimo CCNL a riconoscere a Cesare quel che è di Cesare!”

I sindacati: “come per gli altri comparti pubblici, contratto anche per la scuola”

L’aumento stipendiale del periodo 2019-2021 sarebbe stato molto utile. Il problema è che l’importo rimane piuttosto esiguo, come per tutto il comparto pubblico: siamo attorno ad un incremento del 4%, che in media si aggirano sui 60 euro netti al mese.

Davvero poco, altro che aumenti a “tre cifre”, promessi dagli ultimi tre governi. La cifra, inoltre, non potrà crescere perché si tratta di un contratto già di fatto scaduto. Ecco, che allora “la legge di Bilancio diventerà determinante – ha detto Francesco Sinopoli, segretario generale Flc-Cgil, ai microfoni della ‘Tecnica della Scuola’ al termine dell’ultimo incontro sulla parte generale del rinnovo di contratto – e in ogni caso la trattativa decollerà non prima di settembre”.

Una linea condivisa dalla segretaria generale Cisl Scuola, Ivana Barbacci, che si è detta d’accordo “nell’avere al più presto un nuovo contratto, come già avvenuto per altri comparti pubblici. Non siamo però disponibili, lo ribadisco, a firmare a qualunque costo”.

In questa situazione, diventa “Inaccettabile” il “continuo rinvio per rinnovare contratti” in comparti come quello della scuola, per “i medici, la ricerca, gli Enti locali”, ha detto il 13 luglio il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra, rivelando che lo stesso concetto è stato espresso il giorno prima nel corso dell’incontro con il Governo.

Redazione

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