La scuola è finalmente diventata una priorità e, sotto la spinta dell’autonomia, sta velocemente cambiando. Certamente presenta ancora molti nodi da sciogliere e problemi di cui non sono privi, però, anche altri Stati dell’Europa occidentale. Aspetto dominante dell’ultimo decennio è il grave senso di demotivazione e frustrazione di cui i docenti soffrono nel percepire uno scarso riconoscimento della loro professionalità.
Oggi, di fronte alle trasformazioni apportate dai cambiamenti ed in particolare dall’autonomia, gli insegnanti italiani sono ancora depressi, ma hanno anche qualche speranza in più perché hanno capito che da parte dello Stato c’è maggiore attenzione nei confronti della scuola. Sono pronti alle innovazioni e stanno facendo un salto di qualità avvicinandosi alle nuove tecnologie per usare le quali è necessaria però una migliore formazione.
Nel corpo docente si avvertono grandi differenze tra i maestri della scuola materna ed elementare ed i professori delle secondarie perché i primi, rispetto ai secondi, sono più positivi ed attenti alla didattica. Non ci sono discrepanze invece in fatto di insoddisfazione. I motivi di scontento sono molteplici e vanno dalla retribuzione valutata ancora troppo bassa alla natura ripetitiva della professione, dal comportamento burocratico ed autoritario dei dirigenti ai troppi ostacoli presenti nella sperimentazione didattica. Gli insegnanti riconoscono di avere un buon grado di relazionalità con gli alunni e non gradiscono nell’85% dei casi una valutazione del loro operato.
E’ questa la fotografia dei docenti di fine millennio scattata dalla ricerca Iard “Gli insegnanti di fronte al cambiamento”, presentata a Milano il 25 novembre in un convegno cui, tra gli altri, hanno partecipato anche i professori Alessandro Cavalli, Giancarlo Gasperoni e Cesare Scurati rispettivamente delle Università di Pavia, Bologna e Cattolica di Milano.
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