Malgrado le aspre critiche e i tentativi di boicottaggio, dal rapporto Invalsi sulle prove del 2017 emerge una totale partecipazione di tutte le classi in tutte le Regioni, per un totale di due milioni e duecento mila studenti e dodici mila scuole interessate.
La fotografia è quella di un sistema scolastico a due velocità con un divario ancora evidente tra nord e sud. Si riduce invece la variabilità tra le classi di uno stesso istituto anche al sud dove il dato sull’equità del sistema educativo era comunque più preoccupante. Si contrae sensibilmente anche il fenomeno del “cheating”, ovvero della pratica scorretta dell’aiutino, che ha visto in questi anni primeggiare alcune regioni del Mezzogiorno.
In generale gli studenti italiani, si legge nel rapporto, “mostrano difficoltà ad affrontare testi meno praticati a scuola, come quelli espositivi, argomentativi e discontinui” e anche nelle prove di matematica “si confermano risultati non del tutto soddisfacenti e fortemente differenziati nel paese”. Dai risultati complessivi arrivano quindi riconoscimenti per Friuli, Veneto, Lombardia e la provincia autonomia di Trento ma ci sono anche i casi positivi delle primarie di Basilicata e Molise.
Alla presentazione del rapporto al Miur, pubblicato sul sito Invalsi, sono intervenuti il sottosegretario all’Istruzione Vito De Filippo, il presidente di Invalsi Anna Maria Ajello, Carmela Palombo, direttore generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione, Paolo Mazzoli, direttore generale Invalsi e il responsabile dell’area prove Roberto Ricci che ha illustrato i risultati.
“La sfida per il futuro è ridare alle scuole dei dati sempre più chiari e sempre più efficaci, dati che hanno un’enorme potenzialità di autovalutazione. Prossimi elementi di novità saranno invece i test in digitale e l’inglese”, ha spiegato Ricci illustrando due novità di quest’anno. La prima riguarda l’analisi del “valore aggiunto” delle scuole in termini di efficacia sulla crescita degli studenti che si riscontra uniformemente sul tutto il territorio nazionale. Un dato che si ricava tenendo conto dei risultati, al netto dei fattori esogeni come il contesto familiare e sociale, e che quindi tiene conto anche di quegli istituti che non rappresentano un valore aggiunto. L’altro elemento di novità è “l’ancoraggio” dei risultati dei test, che permette una profilazione generale delle capacità dello studente in base al punteggio ottenuto: “Questi due elementi – conclude Ricci – devono farci capire che questi non sono dati sulla scuola ma ‘per’ la scuola e devono raggiungere tutti: insegnanti, studenti e genitori”.
Anna Maria Ajello, presidente Invalsi, ha illustrato nel dettaglio le caratteristiche cognitive delle prove che hanno interessato gli allievi della scuola primaria (classi II e V), della secondaria di primo grado (classe III) e di secondo grado (Classe II): “Le critiche ci sono state ma oggi sono critiche costruttive rispetto al passato – ha spiegato – sono consapevole che stiamo chiedendo un cambiamento di mentalità importante, per questo dobbiamo esserne parte attiva insieme a docenti e famiglie. I dati Invalsi devono servire per ragionare sulle scuole, perché le buone scuole sono diffuse in tutte Italia, ci sono zone con maggiore criticità ed è lì che grazie a questi dati possiamo interventi con maggiore efficacia”.
Per il sottosegretario all’Istruzione, Università e Ricerca, Vito De Filippo le prove Invalsi e i dati da esse scaturiti sono uno strumento importante per combattere le disuguaglianze del mondo scolastico: “L’Italia è un paese che trae vantaggi nelle sue diversità ma che subisce le sue disuguaglianze. Queste sono differenze che ci mettono in grosse difficoltà sopratutto quando ci confrontiamo in campo globale. Politicamente i dati che maggiormente colpiscono sono la partecipazione più uniforme, la diminuzione del cheating e della variabilità tra le classi. Siamo sicuramente lavorando con grande attenzione secondo le indicazioni del decreto legislativo 62/2017 e più in generale dobbiamo fare in modo che l’intero sistema scolastico sia uniforme in tutto il Paese”.
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