Nell’anno accademico 2005/2006 gli iscritti per la prima volta alle università italiane sono stati 332mila, con un calo di 16 mila in meno rispetto all’anno precedente quando le matricole erano state 348mila.
Un leggero calo, di immatricolazioni, meno 1,5%, si era già registrato nell’anno 2004/2005 che aveva rappresentato il primo arresto della crescita che poi è stato confermato con un ulteriore ridimensionamento, meno 4,5% nel 2005/2006.
Un altro dato è abbastanza significativo: il 92,9 % degli immatricolati si è indirizzato verso i corsi triennali, le cosiddette lauree brevi introdotti della recente riforma. Solo il 5,7% ha scelto la laurea a ciclo unico (medicina, farmacie, architettura ecc.) e appena l’1,5% i corsi previsti dal vecchio ordinamento.
Relativamente al genere, i dati Istat evidenziano che sono di più le donne ad iscriversi all’università: sono 56, infatti, su 100 nuovi iscritti. Questo forse perché le lauree che più tirano sono quelle per l’insegnamento, per il settore linguistico e psicologico. I maschi, al contrario, sono più presenti nei settori ingegneria, sicurezza, quelli scientifici insomma.
Le lauree considerate migliori sono, tuttavia, quelle che permettono di lavorare stabilmente, come quelle del gruppo di ingegneria gestionale, di ingegneria delle telecomunicazioni, aerospaziali ed aeronautica.
Buoni inserimenti nel mondo del lavoro consentono al momento anche le lauree in farmacia, in economia aziendale, in odontoiatria, in scienze della comunicazione, in scienze pubbliche e diplomatiche.
I laureati che presentano le più basse percentuali di inserimento nel mercato del lavoro sono quelli del gruppo medico e di educazione fisica. Seguono poi i laureati del gruppo delle discipline giuridiche, letterarie e dell’insegnamento.
Un ambito della indagine ha riguardato la percezione che i giovani hanno della riforma del sistema universitario.
A tre anni della riforma, nel 2004, il 36% dei laureati nel 2001 ha risposto di non essere a conoscenza delle trasformazioni introdotte nell’offerta formativa.
Tra coloro che hanno risposto di conoscere la riforma universitaria è prevalente l’opinione di chi ha ritenuto che la riforma peggiorerà la preparazione culturale complessiva dei laureati (62,4%) e la qualità dell’offerta formativa (54,1%) anche tutti sono convinti che ridurrà il fenomeno degli abbandoni e dei fuori corso.
Un’attenzione è stata riservata alla coerenza titolo di studio e lavoro svolto. È risultato che le lauree del gruppo ingegneria, del settore chimico farmaceutico e medico sono quelli che occupano i posti coerenti alle lauree, mentre ben 60% dei laurearti occupa posti per i quali non sarebbe richiesta la laurea.