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Rapporto Ocse 2024: in Italia si spende troppo poco per la scuola, solo il 10% dei figli di chi ha solo il diploma si laurea

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Dal documento Education at a Glance 2024 dell’OCSE pubblicato oggi, 10 settembre, sono emersi vari dati che riguardano l’Italia e molti elementi che riguardano il sistema d’istruzione italiano e il relativo mondo del lavoro. Ecco un riassunto delle principali informazioni dallo studio che riguardano l’Italia:

Giovani NEET (Not in Education, Employment, or Training)

L’Italia presenta una percentuale significativa di giovani NEET. Il 19% dei giovani che arrivano in Italia prima dei 15 anni non è impegnato né nello studio né nel lavoro, una percentuale che sale al 42% per coloro che arrivano dopo i 16 anni. Questo dato evidenzia una differenza marcata legata all’età di arrivo nel Paese e alle difficoltà di integrazione nel sistema educativo e lavorativo.

Partecipazione all’istruzione della prima infanzia

Per quanto riguarda l’istruzione della prima infanzia, in Italia, il 73% dei bambini è iscritto in istituzioni pubbliche per la pre-primaria, mentre il restante 27% frequenta istituzioni private. Questo dato riflette un aumento rispetto agli anni precedenti, con una crescita delle iscrizioni nelle scuole pubbliche rispetto al passato.

Risultati scolastici e disuguaglianze

L’Italia mostra livelli significativi di disuguaglianza tra studenti, legati a fattori socioeconomici. Il 64% degli studenti provenienti da famiglie più svantaggiate ottiene risultati inferiori rispetto alla media OCSE, mentre il restante 36% proviene da contesti più privilegiati. Questo riflette una forte disparità nell’accesso e nelle opportunità educative​.

La dispersione tra i giovani dai 25 ai 34 anni è 20 per cento contro il 14 per cento degli altri Paesi censiti, come sottolinea Il Corriere della Sera. Il problema – sottolinea il rapporto – è che in Italia la famiglia di origine ha ancora un peso molto rilevante – troppo rilevante – sulle probabilità di successo a scuola e negli studi in generale. Solo il 10 per cento dei figli di genitori con il solo diploma di terza media riesce a ottenere la laurea; e il 37 per cento non arriva nemmeno alla maturità. 

Impatto della pandemia

L’Italia è uno dei Paesi che ha subito un impatto significativo a causa della pandemia, con un aumento del tasso di disoccupazione giovanile e un rallentamento nei miglioramenti delle competenze scolastiche fondamentali. Nonostante gli sforzi, la ripresa è stata più lenta rispetto alla media OCSE.

Disparità di genere

Le donne italiane tendono a ottenere risultati scolastici migliori rispetto agli uomini, con un maggiore tasso di completamento dell’istruzione terziaria. Tuttavia, nel mercato del lavoro, le donne continuano a guadagnare meno rispetto agli uomini, con un divario salariale del 17% a favore degli uomini​.

Spesa per l’istruzione

L’Italia spende il 4% del suo PIL per l’istruzione, una percentuale leggermente inferiore alla media OCSE. Tuttavia, una parte significativa della spesa è destinata all’istruzione primaria e secondaria, con meno risorse allocate per l’istruzione terziaria rispetto ad altri Paesi​.

La reazione di Flc Cgil

“Come da anni chiede la FLC CGIL, rispetto ai bisogni formativi dei giovani sarebbe essenziale elevare l’obbligo di istruzione almeno a 18 anni. Invece, a fronte della necessità di innalzare la qualità e la durata dell’istruzione almeno al diploma di scuola secondaria di secondo grado, il ministro Valditara si fregia di una riforma, la filiera tecnologico-professionale, che prevede l’abbassamento del percorso secondario a quattro anni e la sostanziale equiparazione tra scuola e addestramento (apprendistato, formazione professionale) per accedere agli ITS.

Per di più il rapporto conferma la triste profezia di uno scarso numero di laureati e diplomati tra gli studenti e le studentesse che appartengono a nuclei familiari di non laureati o non diplomati. La scarsa attenzione alla qualità della scuola, da anni privata delle ore di laboratorio, di compresenze e di personale docente e ATA, viene assolutamente confermata dal rapporto.

La politica dei tagli, puntualmente denunciata dalla FLC CGIL, è rappresentata anche dai ridotti numeri di assunzioni che arrivano dopo molti anni di precariato, tanto che l’anagrafica dei docenti italiani è sensibilmente più alta rispetto a quella degli altri membri OCSE: il 53% del corpo docente infatti ha più di 50 anni, contro il 37% nella media dell’area OCSE. 

Così, mentre i Paesi OCSE sono impegnati ad innalzare la percentuale di istruzione della popolazione, il ministro Valditara si affanna a ideare riforme come i quadriennali della Filiera tecnologico-professionale o come il Liceo del made in Italy, che aumentano le ore di alternanza scuola-lavoro e diminuiscono la formazione generale per accelerare un rapido affaccio al mondo del lavoro che, alla fine, danneggia il reddito e il futuro dei giovani e impoverisce il tessuto produttivo del Paese”, così, in un comunicato la Flc Cgil.