Intervenuto a Radio Cusano Campus, nel consueto angolo del direttore Alessandro Giuliani, direttore della Tecnica della Scuola, ha discusso a proposito del nuovo rapporto OCSE sullo stato dell’istruzione nel mondo presentato proprio ieri, 3 ottobre, e del toto-Ministro dell’Istruzione, che impazza in questi giorni.
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Secondo quanto emerso dal rapporto OCSE, il mestiere del docente è sempre meno attrattivo e i livelli di istruzione crescono in maniera lenta. Giuliani ha fatto una critica a proposito di come è stata svolta l’indagine: “Si è fatto un confronto sul lungo periodo, addirittura di due decenni. Su un range di tempo così esteso l’evoluzione esiste. Bisognerebbe soffermarsi sulla tendenza dell’ultimo periodo, dell’ultimo lustro in particolare, dove si riscontrano grossi problemi sul fronte della dispersione scolastica. C’è una disuguaglianza abbastanza importante a livello territoriale: quando si parla di scuole bisogna fare attenzione a fare le dovute differenze, ad esempio tra nord e sud. Il quadro è frastagliato, bisogna essere obiettivi e stare attenti a quando si tirano le somme. Mi sarei soffermato sull’ultimo periodo”.
La spesa per la scuola è per una buona parte relativa al sostegno
Il nostro direttore ha poi virato sulla questione della bassa percentuale del PIL investita sull’istruzione. Come abbiamo già affrontato, secondo i dati Ocse, se nel 2020 la spesa per l’istruzione è stata pari al 4% del totale, secondo le previsioni nel 2025 scenderà al 3,5%: “Avrei fatto un confronto fermandomi al 2007/2008, al periodo dei tagli. Avrei fatto un confronto con quella scuola e da lì sarebbe emerso il fatto che la spesa si è ridotta. Poi abbiamo una proiezione da qui a soli 3-4 anni di una riduzione ulteriore rispetto al PIL di 3 punti percentuali. Questo la dice lunga sulla volontà di continuare a investire nella scuola”.
Giuliani ha sottolineato che la spesa in Italia destinata alla scuola è veramente bassa; in ogni caso, essa comprende tanti soldi legati al sostegno. Senza la parte destinata al sostegno i soldi stanziati per la scuola sarebbero ancora meno: “C’è la denatalità, è vero, ma poi c’è un fattore che non si evidenzia mai abbastanza: l’incidenza dei docenti di sostegno. Questi sono aumentati, visto che abbiamo 300mila ragazzi che hanno il sostegno. Dei quasi 200mila insegnanti circa la metà sono precari. Ciò è abbastanza grave visto che spesso non sono specializzati. Tutti questi stipendi vanno a pesare non poco sulla spesa complessiva. Da anni si parla anche di scorporare in questa spesa inglobandola in quella del Ministero della Salute. In questo caso ci ritroveremmo con una spesa complessiva per la scuola ancora più bassa. Sarei cauto nel dare giudizi sereni sul fronte dell’investimento per la scuola”.
Totoministri? Ancora prematuro parlare di nomi
Ecco cosa pensa Giuliani del continuo avvicendarsi di Ministri dell’Istruzione, che spesso non arrivano alla fine del proprio mandato, come Patrizio Bianchi: “Ogni Ministro cerca di mettere la bandierina del proprio raggruppamento politico ma poi non c’è un filo conduttore con la gestione precedente”.
E, sui nomi dei papabili prossimi capi del dicastero di Viale Trastevere, molti dei quali sono emersi dal nostro sondaggio che ha chiesto ai docenti chi vedrebbero meglio come Ministro dell’Istruzione: “Pittoni? Se la Lega dovesse prendere il MI è un nome gettonato. Il Governo, in ogni caso, non verrà formato a breve”.
Con cosa si dovrà confrontare il sostituto di Patrizio Bianchi? Ecco cosa ne pensa il nostro direttore: “Si tratta di un Ministero difficile. Ci sono in ballo molte questioni, tra precariato, organici, concorsi. C’è un’opinione pubblica pronta a giudicarne l’operato. I nominativi di Pittoni e Bucalo sono i più gettonati ma anche i più conosciuti tra i docenti. Valditara e Ricolfi non hanno ricevuto molti riscontri. A Forza Italia ci sono Bernini e Aprea. Molto dipenderà dalla scacchiera che si andrà a creare tra i vari partiti. Dopo che il dicastero verrà assegnato a uno dei tre partiti che hanno vinto le elezioni si potranno fare vere ipotesi. Farlo adesso è prematuro”, ha concluso.