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Rapporto Ocse, stipendi docenti troppo bassi. Valditara si difende: “Dati relativi a prima della firma del contratto nel 2023”

Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha partecipato al question time al Senato di oggi, 12 settembre alle ore 15,00 per rispondere ad interrogazioni a risposta immediata. In questa occasione c’è stato modo di discutere dell’ultimo studio Ocse sugli stipendi dei docenti.

I dati

I dati dell’ultimo rapporto OCSE 2024, relativo agli anni 2015-2023, rivelano che negli ultimi anni, gli stipendi degli insegnanti in Europa hanno mostrato significative differenze tra Paese e Paese. Dati raccolti dal 2015 al 2023 evidenziano che la Germania ha costantemente offerto i compensi più elevati, con una retribuzione annua media di circa 47.250 euro nel 2019, seguita dalla media OCSE di 42.300 euro. Francia e Spagna presentano stipendi inferiori, ma stabili: in Francia, la retribuzione media per il 2019 si attesta sui 37.080 euro, mentre in Spagna è leggermente più bassa, a 33.030 euro.

L’Italia, tuttavia, rimane fanalino di coda tra le nazioni considerate, con un salario medio degli insegnanti fermo a 31.950 euro nel 2019, mostrando una stagnazione rispetto agli altri Paesi europei e una parabola discendente fino al 2023 con uno stipendio medio di 31.320 euro. Questa differenza retributiva è particolarmente evidente se confrontata con il trend tedesco, che ha visto un costante aumento degli stipendi nel corso degli anni.

M5s e Flc Cgil all’attacco

Ecco il commento di Valditara nel corso del question time: “L’interrogazione mi consente di fare chiarezza su un dato OCSE che si riferisce all’anno 2021/2022, cioè prima del contratto firmato nel 2023″.

“Invieremo Giuseppe Valditara una copia dell’ultimo rapporto dell’OCSE, “Education at a glance, dove si conferma che gli insegnanti italiani sono i meno pagati in Europa, situazione aggravata dall’inflazione. Anziché pensare a provvedimenti ideologici e a costo zero pensi a questo e metta risorse vere sul nuovo contratto. In manovra sarà uno degli aspetti su cui incalzeremo di più questo governo”, così il capogruppo M5S in commissione cultura alla Camera Antonio Caso.

 “Assistiamo a continue e roboanti dichiarazioni del Governo circa aumenti stratosferici per il personale della scuola, dell’università, della ricerca e dell’Afam, tali da allineare gli stipendi a quelli europei. Niente di più lontano dalla verità”, così Gianna Fracassi, segretaria generale della FLC CGIL.  

“Il Contratto istruzione e ricerca è scaduto da due anni e le ultime leggi di bilancio hanno stanziato risorse di gran lunga al di sotto rispetto all’inflazione maturata nel triennio di riferimento. Infatti – continua la leader sindacale -, a fronte di un’inflazione reale di circa il 18%, i finanziamenti previsti comportano aumenti pari al solo 5,78%, con un differenziale di oltre il 10% rispetto a quanto necessario a garantire la piena tutela delle retribuzioni del personale e a mantenere lo stesso potere d’acquisto. E ciò avviene con un’inaccettabile disparità di trattamento economico con gli altri settori della pubblica amministrazione, pari a circa il 18% in meno”.

“Anche gli ultimi dati Ocse – Education at glance 2024 confermano che le retribuzioni italiane sono le più basse della media UE in tutti i gradi di scuola”, sottolinea Fracassi.

“Come FLC CGIL, in vista dell’approvazione della Legge di Bilancio 2025, chiediamo risorse aggiuntive per rispondere all’inflazione del triennio e valorizzare, in modo sostanziale, i settori della conoscenza. Se ciò non dovesse accadere, organizzeremo iniziative di mobilitazione generale”, così si conclude la nota.

Redazione

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