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Rapporto Svimez 2024: insegnanti pagati male e poca spesa per la scuola, il corpo docente al Sud è più anziano – PDF

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Oggi, 27 novembre, è stato presentato il Rapporto Svimez 2024 nell’Aula magna della Pontificia Università Gregoriana di Roma con protagonisti il presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, il ministro per la Protezione Civile e le Politiche del mare Nello Musumeci, il sindaco di Napoli e il neo presidente Anci Gaetano Manfredi, il vicepresidente di Confindustria Natale Mazzuca, la presidente dell’Ance Federica Brancaccio, la segretaria generale Fp – Cgil, Serena Sorrentino.

Un capitolo dello studio è dedicato all’istruzione. All’inizio si parla della spesa per la scuola: l’Italia è all’ultimo posto tra le grandi economie europee per spesa in istruzione, collocandosi anche al di sotto della media Ocse. Nel 2021 i paesi Ocse spendevano in istruzione in media il 5% del Pil, il 4,5%. La spesa media in istruzione nell’Ue a 25 paesi era pari al 4,4% del Pil, 4% senza considerare la spesa in R&D. Il dato italiano si fermava al 4% (3,7%).

Sempre meno scuole?

Poi del calo demografico: “La progressiva riduzione del numero di iscritti nelle scuole italiane dell’ultimo quinquennio rifette il trend demografco di un paese con sempre meno giovani, ma nel Mezzogiorno gli studenti sono diminuiti a un ritmo più che doppio rispetto al Centro-Nord. Tra gli anni scolastici 2017-18 e 2022-23, la platea studentesca nazionale si è ridotta da oltre sette milioni e mezzo a circa sette milioni (-6%). Negli stessi anni, il Centro-Nord è passato, all’incirca, da 4.650.000 a 4.463.000 alunni nel 2022ȥ23 (-4%), il Mezzogiorno da quasi tre milioni a 2.670.000 (-9%).

“Senza correttivi immediati e scelte politiche ambiziose, gli effetti sulla tenuta del sistema scolastico saranno dirompenti, portando a rischio di chiusura i presidi scolastici nelle aree a maggior degiovanimento. Per il solo ciclo della primaria, il rischio è concreto per circa 3mila comuni italiani, il 38% del totale”, scrivono nel rapporto.

Poi si è parlato di rapporto tra numero di docenti e studenti e della retribuzione degli insegnanti. Nell’anno scolastico 2022-23, il corpo docente di tutti i cicli di istruzione non terziaria si attesta su circa 709mila unità. Il rapporto insegnanti-studenti è, in media nazionale, di 1 a 10, contro rapporti medi Ocse e Ue a 25 paesi pari a circa 1 a 13 e 1 a 12. Il rapporto è di 11 alunni per docente nel Centro-Nord; nel Mezzogiorno il dato scende a 9. Le regioni con il numero più alto di alunni per docente sono Lombardia (12,6), Emilia-Romagna e Veneto (12,4). Quelle con il rapporto più basso sono Molise (7,5), Basilicata (8,2) e Sicilia (8,5).

Secondo i dati Ocse, il salario lordo medio annuo degli insegnanti italiani della scuola dell’infanzia e della scuola primaria è di 44.940 dollari (pari a 30.141 euro; 2.318 euro al mese), quello degli insegnanti della scuola secondaria di I grado di 47.829 dollari (32.079 euro; 2.467 euro mensili). Gli insegnanti della scuola secondaria di II grado guadagnano in media 50.734 dollari (34.027 euro; 2.617 euro al mese). Il livello medio delle retribuzioni degli insegnanti italiani si attesta così a 47.111 dollari, al di sotto sia della media Ocse (54.241 dollari), sia di quella dell’Ue a 25 paesi (52.975 dollari), collocandosi tra i valori più bassi in Europa.

Grandi differenze territoriali

Le differenze tra macroaree, scrivono, tornano ad emergere quando si osserva la composizione per età dei docenti. In media, il corpo docente meridionale è più anziano: la quota di docenti over 54 è del 38,3% al Centro-Nord e del
46,6% al Mezzogiorno. In tutte le regioni del Centro-Nord tale quota non supera mai il 43%, mentre rappresenta il
valore più basso registrato nelle regioni meridionali. Complessivamente, l’età media del corpo docente in Italia si attesta a quasi 52 anni: 51 al Centro-Nord, 53 nel Mezzogiorno. Le differenze territoriali sono particolarmente evidenti
nei primi due cicli di istruzione: nel Centro-Nord la quota di docenti over 54 è del 37% nella scuola dell’infanzia e del
36% nella scuola primaria; nel Mezzogiorno ammonta rispettivamente al 48% e al 47%. La componente più giovane
(under 35), si attesta su una media nazionale lungo tutti i cicli di istruzione non terziaria del 4%, con una marcata
differenza territoriale (5,3% al Centro-Nord e 2,5% al Mezzogiorno).

L’ultimo tema trattato è quello della dispersione scolastica. Nel 2022, l’Ufficio di Statistica del Mim ha condotto un’indagine longitudinale seguendo il percorso scolastico di una coorte di alunni lungo otto anni scolastici, dal primo anno di scuola secondaria di I grado (a. s. 2012-13) al quinto anno di scuola secondaria di II grado (a. s. 2019-20). Dallo studio emerge che dei 583.644 alunni iscritti al I anno di scuola secondaria di I grado a settembre 2012, 96.177 (pari al 16,5%) hanno abbandonato il sistema scolastico senza conseguire un titolo di studio nei sette successivi anni.

L’abbandono scolastico è particolarmente diffuso al Sud (17,4%) e nelle Isole (20,6%), mentre nel Centro-Nord si attesta al di sotto del dato nazionale (14,6% per il Centro e 15,6% per Nord-Est e Nord-Ovest). Più in dettaglio, le regioni in cui si è registrato l’abbandono più alto sono Sicilia (21,1%) e Campania (19,9%), mentre quelle in cui l’abbandono è risultato essere minore sono state Molise (11,3%) e Basilicata (9,8%). Relativamente alla caratterizzazione per genere, il fenomeno interessa i maschi più delle femmine (19% contro 13,7%), mentre per quanto riguarda la provenienza, sono soprattutto gli alunni di cittadinanza straniera (in particolare quelli non nati in Italia) ad abbandonare precocemente gli studi.

Il commento del Mim

“I risultati dei test Invalsi del 2024 mostrano una riduzione della percentuale di dispersione scolastica, sia implicita che esplicita. Nello specifico, la dispersione implicita si attesta al 6,6%: un dato importante perché il suo valore è il più basso mai registrato a livello nazionale. I dati di cui dispone il Ministero sono in direzione opposta rispetto a quelli presentati dal Rapporto Svimez, che fanno riferimento evidentemente a uno studio del MIM del 2022”, questa la replica del dicastero di Viale Trastevere.

“Proprio per aiutare ragazzi, docenti e famiglie, a combattere il fenomeno della dispersione scolastica e ridurre i divari formativi e lavorativi tra i giovani che vivono in diverse aree del Mezzogiorno, il Ministero ha varato il programma Agenda Sud che sta già dando ottimi risultati: uno strumento che, tramite le risorse stanziate, punta tra l’altro a estendere alle Secondarie di I grado la presenza dei docenti tutor per favorire, anche attraverso una didattica innovativa, la personalizzazione dell’apprendimento, costruendo una scuola che sappia offrire percorsi di successo a tutti gli studenti, senza differenze territoriali”, aggiungono in un comunicato.

“Sul PNRR sono stati adottati quattro decreti nel 2023 e 2024 a favore degli ITS, con uno stanziamento di 1,3 miliardi complessivi con una spesa di oltre 400 milioni. Sono stati finanziati 1.542 laboratori e 1.540 percorsi formativi di V e VI livello. I percorsi di orientamento sono 67.719 e 3.781 i percorsi di formazione dei docenti ed esperti ITS. Le risorse impegnate dal Ministero sono oltre l’88%, quelle liquidate e spese dagli ITS il 30%. La riforma 4+2 degli Istituti tecnici e professionali, con programmi aggiornati e un forte legame con il mondo del lavoro, rappresenta una soluzione innovativa per valorizzare i talenti e ridurre il divario tra formazione e occupazione”, così si conclude la nota del Ministero dell’Istruzione e del Merito.

LEGGI IL CAPITOLO SULL’ISTRUZIONE DEL RAPPORTO SVIMEZ