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Rapporto Unesco: l’Italia non stanzia i fondi promessi per l’accesso universale all’istruzione

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Sono almeno 72 milioni i bambini delle aree più povere del mondo che non hanno accesso all’istruzione più basilare. E se la comunità internazionale intera non sta facendo abbastanza per l’accesso universale all’istruzione, l’Italia, seguita dalla Spagna e dall’Austria, non ha neanche stanziato i fondi promessi, vale a dire lo 0,6% del reddito nazionale lordo, a differenza del Lussemburgo, della Norvegia e della Svezia, che guidano la classifica dei Paesi virtuosi, con investimenti che si attestano attorno all’1% del reddito nazionale lordo.

Non ne esce quindi per niente bene il nostro Stivale dal rapporto Unesco “Education For All Global Monitoring”, presentato nei giorni scorsi da Irina Bokova, direttrice dell’Unesco per l’istruzione.
Durante la conferenza stampa presso Palazzo di Vetro, Bokova ha detto che “l’impatto a lungo termine della crisi economica e finanziaria globale non colpisce soltanto le banche, ma tutte le aree dello sviluppo umano, compresa l’istruzione”.
Sull’istruzione piovono anche le amare conseguenze della crisi economica. Nel 2000 oltre 160 nazioni si erano impegnate a garantire entro il 2015 l’accesso universale all’insegnamento primario. Un obbiettivo molto lontano da raggiungere, in quanto, come ha spiegato Kevin Watkisn, responsabile del rapporto Unesco, il contesto attuale, complice la crisi economica, “è meno positivo di quello degli ultimi anni”.
Nel documento si sottolineano comunque anche “i progressi considerevoli” raggiunti da circa dieci anni a questa parte, da alcuni Paesi sottosviluppati come l’Etiopia, la Tanzania, il Mozambico, il Bengladesh e il Nepal. Nonostante ciò pure in queste aree restano settori marginalizzati della popolazione che vivono nei villaggi rurali e che non ricevono assistenza.