Raptus omicidi colpa dei videogiochi violenti: il Parlamento europeo chiede limitazioni
The day after. Il giorno dopo. Il più difficile dopo le tragedie. Perché è quello in cui, dopo lo choc, ci si rende conto di quel che è accaduto. Rischiando di sprofondare nel dolore più atroce. Ed è quello che evidentemente hanno provato l’11 marzo i parenti e conoscenti dei 16 morti, vicino Stoccarda, a seguito della follia di cui si è reso protagonista uno studente 17enne.
A fronte di questi episodi gli eurodeputati chiedono ora norme più restrittive per l’accesso ai videogiochi violenti da parte dei minori. Tramite la relazione, votata il 12 marzo a larghissima maggioranza, il Parlamento europeo chiede una strategia comune a livello di Unione europea che preveda “severe sanzioni” per i dettaglianti che vendono giochi per adulti ai minori, o per i proprietari di Internet caffè che consentono ai bambini di giocare a giochi inadatti per la loro fascia di età. Il problema è che, ad oggi, nessuno degli Stati membri dispone di tali norme, sottolineano i deputati.
Nella loro relazione, i deputati invitano la Commissione e i 27 gli Stati membri a prendere in considerazione l’opportunità di sviluppare con l’industria del settore un “pulsante rosso” parte integrante di computer o console di gioco, che disattiva un gioco, o controlli l’accesso a un gioco in certi momenti o per alcune parti. I deputati richiedono inoltre l’integrazione di avvertimenti sonori nel sistema paneuropeo di classificazione dei software di svago (Pegi), e che l’industria sviluppi modelli di accesso ai giochi on line al fine di evitare l’esposizione dei minori a contenuti nocivi. In particolare, hanno spiegato che è “sempre più difficile per i genitori esercitare un controllo sui giochi online, che possono essere scaricati a loro insaputa e che non sono accompagnati da imballaggio con chiari avvertimenti”.
“Naturalmente ci sono anche molti giochi di grande valore pedagogico. La cosa importante è evitare che giochi violenti finiscano nelle mani dei bambini”, ha commentato al termine del voto la socialdemocratica tedesca Evelyne Gebhardt.
Quello dei videogiochi è un settore europeo in piena espansione: per il 2008 sono stati stimati introiti pari a 7,3 miliardi di euro. Secondo l’indagine effettuata dalla Commissione attualmente il sistema Pegi è applicato da 20 Stati membri. Adottate nel 2003, queste etichette forniscono una classificazione in base all’età e contengono avvertimenti riguardanti, ad esempio, la violenza o il turpiloquio, dando così modo ai genitori di decidere quale gioco sia adatto ai loro figli.
Pegi ha l’appoggio dei principali produttori di console in Europa. Due paesi (Germania e Lituania) dispongono di leggi specifiche vincolanti in materia, mentre Malta fa appello alla normativa generale. In 4 Stati membri (Cipro, Lussemburgo, Romania e Slovenia) non si applica però alcun sistema; in 15 Stati membri sono in vigore leggi sulla vendita nei negozi di videogiochi dal contenuto dannoso per i minorenni ma l’ambito di applicazione della legge varia da uno Stato membro all’altro. Finora 4 paesi (Germania, Irlanda, Italia e Regno Unito) hanno vietato certi videogiochi violenti. Ci siamo anche noi. Forse anche per questo in Italia certi tipi di tragedie accadono meno che in altri Paesi del vecchio continente.