La deputata della Lega, Laura Ravetto, ha depositato alla Camera una proposta di legge, al cui articolo 1 si legge: “Divieto dell’inserimento di obiettivi educativi fondati sulle ‘teorie del gender’ nell’offerta formativa delle istituzioni scolastiche. Le istituzioni scolastiche, nell’ambito della loro autonomia, non possono introdurre all’interno delle Indicazioni nazionali per il primo ciclo di istruzione, delle Indicazioni nazionali per i licei e delle Linee guida per gli istituti tecnici e professionali nonché delle attività extrascolastiche valevoli per il curriculum dello studente obiettivi di apprendimento improntati alla cultura gender”.
Una proposta in armonia fra l’altro con quanto sostiene la ministra della famiglia, Eugenia Roccella che ha sempre ribadito che la libertà di “essere chi si vuole è una forzatura ideologica e una negazione della realtà dei fatti. Perché la realtà del corpo e l’appartenenza sessuale non si può cambiare fino in fondo. È legittimo intervenire per adattare ai propri disagi e ai propri bisogni il proprio corpo, ma non si può fare di questo un canone”.
Dalle parole dunque ai fatti e partendo sempre dalla scuola che è il luogo da tutti frequentato e attraverso la quale ognuno è passato. Una sorta di setaccio insomma che può servire a tanti scopi e a tante “educazioni”.
E infatti, nelle premesse del disegno di legge della Ravetto, si spiega, come pubblica La Presse, la preoccupazione “che in alcune istituzioni scolastiche si usi la battaglia contro le discriminazioni e l’intolleranza sessuale per sollecitare gli adolescenti a dare per acquisito il superamento del concetto di ‘binarismo sessuale’ per accogliere quello di ‘spettro di genere’, senza che sul tema ci sia stata una discussione aperta e condivisa con la pluralità delle associazioni dei genitori che devono essere sempre coinvolte al fine di garantire la libertà educativa dei genitori stessi e il pluralismo della scuola”.
Quindi, “la presente proposta di legge ha la finalità di aiutare la comunità scolastica a difendersi dai brutali tentativi di strumentalizzazione di cui le cronache quotidianamente ci informano e ribadire, nel rispetto dei principi costituzionali e delle leggi dello Stato, la assoluta necessità di escludere dal panorama didattico educativo qualsiasi principio afferente alla cultura gender”.
Chi attaccherebbe con brutali tentativi la scuola per diffondere la cosiddetta cultura gender non viene spiegato, ma si lascia capire che serpeggerebbe, all’ombra di un progetto quasi delittuoso, una sorta di occulto complotto per favorire apprendimenti improntati, come si legge sulla Treccani, alla “distinzione di genere, non in quanto basata sulle differenze di natura biologica o fisica ma su componenti di natura sociale, culturale, comportamentale”.
E non si spiega infine cosa significa che la proposta di legge “ha la finalità di difendere la scuola dai brutali tentativi di strumentalizzazione”, se non legandola all’idea che i prof e i dirigenti siano così sprovveduti e impreparati da avere bisogno di un dispositivo di legge per non farsi fregare da un fantomatico complotto “demo-pluto-gender- lgbtqia+”.