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“Realtà aumentata” nei libri, possibili sviluppi a scuola

La tecnologia digitale a “realtà aumentata” potrebbe presto approdare nella scuola. A preannunciarlo, durante la presentazione di un testo con la copertina utilizzabile anche come input per accedere a contenuti via internet, è stata la Faligi editore di Aosta: dopo essere stato in parte anticipato all’ultimo Salone del libro di Torino, dell’innovativo prodotto editoriale si è parlato diffusamente il 10 luglio, presso la biblioteca di Aosta, in occasione del lancio di “Ofelia”, l’ultimo libro di Cristina Betti.
Ad illustrare gli sviluppi, immediati e futuri, dell’iniziativa sono stati i due soci della Faligi, Manuela Tetto e il grafico Carlo Aimone: “Mostrando la copertina del libro alla webcam del computer – ha spiegato Tetto durante la presentazione – si accede a contenuti speciali presenti sul sito della casa editrice. I contenuti variano e si aggiornano nel tempo e possono essere un’intervista con l’autore, una sua lettura oppure un intervento in tema con i tempi”. Per la prima volta un editore librario applica questo tipo di tecnologia ad un romanzo, dopo le uscite sperimentali di alcuni giornali.
“Va già di moda il ‘QRcode’, il codice quadrato che rimanda a contenuti multimediali – ha sottolineato Aimone – Noi vorremmo proporre qualcosa in più: da una parte dell’immagine di copertina si può creare una sorta di cubo su cui vengono proiettati contenuti. Nelle sperimentazioni più avanzate si può rappresentare un intero planetario ma noi pensiamo anche a finalità strettamente didattiche, come potrebbero essere testi di scienze della terra o libri gioco, oppure indirizzati a professionisti, con cartografie anche complesse”.
L’ennesima conferma, se ce ne era bisogno, che da un punto di vista tecnologico il mercato del digitale-multimediale, collegato all’interattività, può offrire alla didattica sviluppi e modalità a dir poco stravolgenti. Rimangono dei dubbi sul resto. Ad esempio, chi “piloterà” i nuovi meccanismi d’insegnamento? Oppure: quanti docenti sono pronti a fare uso di tali strumenti? E ancora: il Miur è pronto ad investire su questo genere di supporti, ad iniziare da un’adeguata sperimentazione? Ma soprattutto, da dove sono reperibili i fondi per iniziative di questo genere?
Alessandro Giuliani

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