Da quando si è insediato il Governo Meloni e da quando è stata cambiata la denominazione del ministero dell’Istruzione, che oggi include la parola “merito“, lo scorso ottobre, si è aperto un ampio dibattito sulla questione del merito che ha coinvolto i maggiori intellettuali e non.
Sì al merito ma per i docenti
A dire la sua, in un’intervista a La Stampa del 22 maggio, è stato lo psicoanalista e saggista Massimo Recalcati, commentando la filosofia della nuova leadership politica. “Quando Meloni ha parlato di merito mi trova d’accordo”, ha esordito lo studioso.
Secondo quest’ultimo non bisogna rigettare a priori questo concetto: “Sono per preservare come da Costituzione le condizioni uguali di partenza. Una certa sinistra rigetta parole come merito e sicurezza, pensando che appartengano alla destra. E invece no”.
Secondo Recalcati, però, il merito dovrebbe riguardare da vicino gli insegnanti, così come ha ribadito più volte il giornalista Davide Giacalone: “Il merito non riguarda poi tanto gli studenti, quanto i docenti a cui non applichiamo nessun criterio per valutare chi sia in grado di insegnare. Possiamo dirla questa cosa o dobbiamo ogni volta scontrarci col conservatorismo dei sindacati?”, queste le sue parole.
Intellettuali sordi di fronte alle istanze dei giovani?
Lo psicoanalista ha poi toccato, anche se da lontano, il tema delle recenti proteste degli studenti universitari in tenda contro il caro affitti e alle critiche piovute da molti “adulti”, come quella del sindaco di Venezia: “Il milieu intellettuale, chiamiamolo così, è sordo alle istanze provenienti dal mondo giovanile”, ha commentato.
“Per non parlare del ministro Valditara, che ha rievocato il valore educativo dell’umiliazione pubblica”, ha aggiunto, citando un episodio che ha visto il neo ministro dell’Istruzione e del Merito sotto i riflettori per una affermazione che molti hanno giudicato fuori luogo, relativa all’umiliazione definita come fattore di crescita.