Come abbiamo annunciato, il ministero ha esposto ai sindacati la bozza di riforma del reclutamento che dovrebbe andare a concludersi nelle prossime settimane.
Che ne è dei 24 CFU (crediti formativi) nelle intenzioni del ministero dell’Istruzione? Il ministro Bianchi non è stato mai un estimatore dei 24 CFU. In passato, al Parlamento, aveva dichiarato: “non è assolutamente quello il modo,” non rappresentano il giusto modello formativo del diventare insegnante. “Cito i 24 Cfu solo perché li inserisco nel novero della storia,” aveva risposto alla Senatrice Drago, dandole ragione circa l’inadeguatezza del percorso di formazione basato sui 24 crediti integrativi.
Ora di fatto, a quanto pare, i crediti diventerebbero 60 per i neolaureati, acquisibili anche nel corso della laurea magistrale, finalizzati all’abilitazione (tramite prova abilitante) cui seguirebbe, in vista dell’immissione in ruolo, il concorso; e 30 per i precari con 3 anni di servizio. In questo caso prima i precari avrebbero accesso al concorso ordinario, e solo dopo dovrebbero acquisire i 30 crediti che consentirebbero loro di abilitarsi e di avere accesso all’anno di prova finalizzato all’immissione in ruolo.
Sembra perdersi l’idea del doppio canale di reclutamento, sostenuta da più sigle sindacali e che avrebbe dovuto vedere, accanto al canale dei concorsi, anche quello delle graduatorie, in grado di valorizzare l’esperienza di lavoro maturata sul campo dal personale precario.
Insomma, la formula concorsuale diventerebbe formula unica di reclutamento del personale scolastico, con le dovute differenze tra neolaureati e docenti precari. Il nodo potrebbe comunque essere quello delle tempistiche. Sono forti i dubbi circa la realizzabilità di un concorso annuale in grado di portare in cattedra i docenti che servono nei momenti giusti.
Anche Andrea Gavosto, presidente della Fondazione Agnelli, si era detto contrario ai 24 CFU, ritenendoli insufficienti. Nel corso di una diretta della Tecnica della Scuola, infatti, aveva dichiarato: “La formazione iniziale è davvero delicata. Se garantiamo che la scuola attrae i migliori laureati nei vari campi, ecco che la qualità dell’Istruzione cresce, la partita va giocata sulla riforma della formazione iniziale“.
“In media – fa notare – nei Paesi europei sono richiesti più di 50 Cfu sulla preparazione professionale teorica e pratica, per potere insegnare; noi con 24 Cfu (che sappiamo non contenere una parte di tirocinio pratico) siamo molto indietro.”
“Nessuno nasce sapendo insegnare, è un aspetto tecnico che va imparato. In Italia la percentuale di ore nei tirocini è molto modesta, su un ammontare complessivo di ore molto alto”.
“La formazione iniziale è più importante dell’assunzione,” conclude.
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