Le modifiche introdotte con la legge di bilancio 2019 alle norme in materia di reclutamento dei docenti farebbero tornare indietro il nostro sistema scolastico di qualche decennio: l’atto di accusa arriva dal presidente della Fondazione Agnelli che è intervenuto nella giornata del 9 dicembre con un proprio articolo pubblicato da La Stampa.
“Per i vostri figli preferite un docente che sa tutto sulla fisica o sul greco antico ma non sa rapportarsi con i suo studenti, oppure un insegnante che, pur non essendo candidato al premio Nobel, ha interesse per la sua professione ed è motivato ad aggiornarsi ed è in grado di entrare in sintonia con gli studenti?”: con questa domanda il presidente della Fondazione si rivolge ai lettori lasciando già intendere quale sia la risposta attesa.
Il reclutamento dei docenti della scuola secondaria è stato riformato con il decreto legislativo 59/2017 (si tratta di una delle deleghe contenute nella legge 107/2015) che prevede il cosiddetto FIT (formazione iniziale e tirocinio), un percorso, secondo Gavosto, non privo di aspetti negativi (l’eccessiva lunghezza innanzitutto) ma complessivamente utile a garantire un adeguato mix di competenze disciplinari e pedagogico-didattiche e di formazione sul campo.
Le modifiche introdotte con la legge di bilancio, invece, riducono al minimo le competenze pedagogico-didattiche: per partecipare ai concorsi saranno infatti sufficienti 24 CFU specifiche, su un totale di 300.
Né, sempre secondo Gavosto, per selezionare adeguatamente i docenti servirà a molto l’anno di prova che si – per consuetudine – viene considerato poco più che un “pro-forma”.
Gavosto ricorda che sul modello del FIT si era appuntate diverse critiche.
“A posteriori – conclude ironicamente il presidente della Fondazione – capiamo che stavamo disquisendo di finezze. Perché la soluzione del Governo Conte è molto più netta: per fare il docente la formazione pedagogica e didattica semplicemente non serve”.
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