La bozza di decreto legge all’esame del Consiglio dei Ministri del 15 giugno contiene una disposizione in materia di concorsi per i docenti che lascia a dir poco perplessi.
La norma stabilisce che per i concorsi banditi durante il periodo di attuazione del PNRR si prevede “una prova scritta con più quesiti a risposta multipla volta all’accertamento delle conoscenze e competenze del candidato in ambito pedagogico, psicopedagogico e didattico-metodologico, nonché sull’informatica e sulla lingua inglese”.
Il fatto è che chiunque conosca il funzionamento dei quesiti a scelta multipla sa benissimo che non è in alcun modo possibile utilizzarli per “accertare competenze”, e men che meno in ambito pedagogico, psicopedagogico e didattico-metodologico.
Quanto poi alla lingua inglese è del tutto evidente che con i quesiti a scelta multipla si possono accertare – nella migliore delle ipotesi – le conoscenze e le capacità lessicali, di traduzione e così via ma non certamente quelle legate al parlato che, per una lingua straniera sono del tutto essenziali.
La “svista”, ammesso che sia tale, ci sembra particolarmente grave perché potrebbe ingenerare equivoci di cui non c’è davvero bisogno e cioè potrebbe far pensare a qualcuno che con prove a scelta multipla si possano davvero “accertare competenze” di qualche genere.
Lo stesso Invalsi, per esempio, chiarisce bene che i test che vengono utilizzati nelle rilevazioni (test che peraltro vengono visti e rivisti periodicamente da staff di ricercatori che ci lavorano per mesi) possono servire a verificare solo alcune competenze chiave e non certamente tutte.
Se poi è vero che la pedagogia è soprattutto una “pratica”, risulta difficile pensare che le competenze pedagogiche possano essere accertate con un test a scelta multipla.
Peraltro anche gli estensori della norma hanno il dubbio che l’dea di usare i test “a crocette” non sia delle migliori, tanto è vero che lo stesso decreto legge prevede che al termine del periodo di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza si possa optare per una prova scritta con più quesiti a risposta aperta.
Per la verità ci sembra un messaggio culturale davvero sbagliato, ma evidentemente, per soddisfare le “richieste dell’Europa”, si può anche passare sopra alle regole più elementari della valutazione.
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