Sono tanti gli interrogativi che bisogna porsi, in un momento così inedito, sono inediti anche gli effetti che esso possa avere, minando alla base la possibilità di erogare in futuro un’offerta formativa di qualità.
Come sappiamo la parte del paese più colpita dall’emergenza COVID-19 è il nord Italia, al quale va tutta la nostra solidarietà. Esso è notoriamente il punto d’approdo più gettonato tra docenti meridionali precari, che per ragioni sociali ed economiche, proprie, di questa parte del paese riescono ad avere più possibilità di lavoro seppur con sacrifici enormi.
Ora immaginiamoci che questa situazione potrebbe prolungarsi ben oltre il tanto auspicato 3 aprile, o in ogni caso, raggiungere di tanto in tanto dei picchi di criticità; ebbene quell’esercito di precari meridionali che prestano servizio nord anche in virtù dell’imminente aggiornamento delle graduatorie cercherà di allontanarsi dalle zone di disagio – Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia – andando a creare un soprannumero nelle graduatorie provinciali del sud. Con il paradossale effetto di avere un eccesso di precari (che rimarrà inoccupato al sud) e scuole vuote al nord.
Bisogna come dicevamo ponderare l’imponderabile e prendere in considerazione che, almeno per l’anno scolastico 2020/21, di lasciare tutto esattamente così com’è. Ed anzi proporre in maniera audace al Ministero della Pubblica istruzione di “fermare le bocce degli aggiornamenti” ed avviare già da settembre la macchina delle convocazioni.
Unico modo per non incappare in una serie di contenziosi e garantire il corretto avvio del prossimo anno scolastico senza creare ulteriori danni agli studenti di tutta Italia che, almeno, con la “congelazione delle graduatorie”, avrebbero garantita la continuità scolastica.
La scuola non si ferma ma bisogna guardare oltre il momento critico senza farsi trovare impreparati di fronte alle sfide da affrontare.