Il Covid non è bastato 80mila alunni e studenti per giustificare le troppe assenze ed evitare la mancata ammissione all’anno successivo o agli esami di fine ciclo: nell’ultimo anno scolastico sono davvero tanti gli allievi a non avere maturato una frequenza a scuola sufficiente (almeno i tre quarti delle ore di lezione) per poter essere scrutinati. È stata quindi applicata, senza “sconti”, la normativa introdotta col D.P.R. 22/6/2009, n. 122, all’art. 14, che introduce anche nella scuola secondaria di secondo grado un tetto massimo delle assenze (il 25% rispetto alle lezioni), ai fini della partecipazione allo scrutinio finale, con le eventuali possibili deroghe limitate ai casi di assenze documentate e continuative.
Si tratta di un numero altissimo di minori “fermati” a livello didattico, con una parte di loro destinata ad allargare il numero di coloro che abbandonano precocemente i banchi e quasi sempre diventano Neet: se si riunissero, sarebbero pari alla città di Como. L’ipotesi è che sarebbero molti meno se la scuola non li avessi bocciati.
La stima è scaturita dall’indagine “Gli italiani e la povertà educativa minorile ‘Quanto futuro perdiamo?’”, promossa dall’impresa sociale “Con i Bambini”, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, realizzata dall’Istituto Demopolis in occasione della Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza che si celebra il 20 novembre.
Nel rapporto finale si legge che l’alto numero di alunni non ammessi all’anno successivo è “un nefasto primato del nostro Paese”: il 67% dei partecipanti alla rilevazione ha detto che è un fenomeno “allarmante” da affrontare con “urgenza”, mentre per il 61% è invece giusto bocciare per eccesso di assenze anche durante l’anno del Covid. Di sicuro, lo scarso apprendimento scolastico preoccupa il 62% di coloro che hanno partecipato all’indagine, quasi il 10% in più rispetto alla rilevazione del 2019.
“Sono emerse le criticità del sistema scolastico, ma anche le potenzialità che una comunità può esprimere – ha detto Marco Rossi Doria, ex sottosegretario all’Istruzione ed oggi presidente di ‘Con i Bambini’ -: cresce tantissimo la consapevolezza del ruolo delle comunità educanti, ovvero di una responsabilità diffusa e condivisa della crescita dei nostri bambini e bambine, ragazzi e ragazze e che non possiamo lasciare indietro i ragazzi e i bambini delle troppe aree povere d’Italia”.
Rossi Doria sottolinea che per la maggior parte degli interpellati “vanno supportate équipe stabili di docenti capaci di favorire didattiche innovative specialmente nelle aree più fragili, mentre per meno del 30% vanno premiati i singoli docenti capaci di favorire didattiche vincenti indipendentemente dai diversi contesti”.
È pacifico, invece, che sostenere indistintamente tutte le scuole, quindi senza differenziazioni territoriali o di genere di corso scolastico, riduca i divari e “le disuguaglianze tra studenti (72%) rispetto alla scelta di sostenere con più risorse le scuole con un alto tasso di risultati buoni o ottimi degli studenti per trainare il sistema di istruzione (20%)”, ha detto ancora Doria, che è anche ‘maestro di strada’.
In base a quanto emerso ancora dalla rilevazione dell’associazione, secondo gli interpellati i problemi della scuola riguarderebbero soprattutto le strutture scolastiche troppo vecchie (64%). Per il 58% i problemi sono relativi alla carenza di attività di recupero per i ragazzi in difficoltà, per il 56% dipendono dalla motivazione degli insegnanti.
Ma anche per il 53% a preoccupate sono pure i fenomeni di abbandono e dispersione scolastica. Questi ultimi, anzi, per circa 6 italiani su 10 sono fenomeni peggiorati nell’ultimo biennio, con una lieve differenza di percezione tra genitori (55%) e insegnanti (67%).
Per tre partecipanti su quattro (74%), i giovani lasciano i banchi soprattutto per la fragilità del contesto familiare di origine e per l’inadeguatezza della scuola rispetto a serie strategie di recupero (63%) e delle istituzioni locali nel prevenire o trattare il fenomeno (58%), ma anche per la vacuità del sistema di relazioni famiglia-scuola-istituzioni (57%).
Preoccupa, con un trend in crescita dal 2019, anche la dipendenza di bambini e ragazzi da smartphone e tablet (73%), come pure delle baby gang.
Molto alta è la percentuale (75%) di chi pensa che servirebbe un maggiore controllo dei genitori sulle vite dei figli.
Più del 50% del campione sollecita un più efficace presidio delle forze dell’ordine (53%) e maggiore sorveglianza delle comunicazioni sui social e sulle chat da parte della Polizia Postale (52%).
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