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Recupero anno 2013: la giustizia dà ragione ai ricorrenti, ma i soldi non ci sono

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Dopo la decisione della Corte di Cassazione dello scorso mese di giugno e quella di gennaio del Tribunale di Firenze tanti docente avevano iniziato a sperare che la vecchia questione del riconoscimento dell’anno 2013 ai fini della progressione di carriera si sarebbe risolta in fretta.

La vicenda è nota

Nel 2013, il Governo italiano aveva deciso di congelare gli scatti di anzianità per il personale della scuola come misura di austerità per far fronte alla crisi economica. Questa decisione aveva portato alla mancata validità dell’anno 2013 per il calcolo degli anni di servizio necessari per ottenere avanzamenti di carriera e aumenti retributivi.
Il congelamento degli scatti di anzianità ha avuto un impatto significativo centinaia di migliaia di dipendenti del Ministero.
Gli insegnanti e il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) si sono trovati a dover affrontare un blocco della loro progressione di carriera, con ripercussioni anche sulle pensioni future. Questa situazione ha alimentato più di una protesta oltre che numerose azioni legali e sindacali.
Le organizzazioni sindacali hanno continuato a fare pressione sul governo per ottenere una soluzione equa e definitiva, ma senza grandi risultati.

Ordinanze e sentenze

Come abbiamo detto, a gennaio il Tribunale di Firenze aveva stabilito che le misure adottate a suo tempo dal Governo, seppure legittime, non possono però avere valore ultrattivo e cioè non possono determinare anche conseguenze negative sulla carriera e sul trattamento pensionistico.
Il Ministero aveva impugnato la decisione, ma nel mese di giugno la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’Amministrazione.
A questo punto ci si aspetterebbe che il Ministero adottasse le misure necessarie per restituire il dovuto al personale coinvolto.
Il fatto è che per procedere in questa direzione occorrerebbero un bel po’ di soldi (si parla di almeno un paio di miliardi di euro).
Soldi che, al momento, non ci sono; in mancanza di copertura finanziaria docenti e Ata devono quindi attendere che la politica trovi una soluzione a questa intricata (e sgradevole) vicenda.